sabato, 18 Maggio 2024

Alitalia, bisogna accelerare i tempi del prestito

Con soli 150 Mln di liquidità può sopravvivere fino a settembre

Le casse di Alitalia continuano a prosciugarsi e la sopravvivenza della compagnia aerea può arrivare solo a fine settembre. E’ questo ormai il limite con i 150 milioni che le sono rimasti in cassa a fine giugno. Per questo si stringono i tempi per l’erogazione del prestito ponte di 400 milioni di euro, i cui decreti di garanzia da parte del ministero dell’Economia dovrebbero andare in consiglio dei ministri sabato prossimo e, successivamente, a Bruxelles. E’ stata la stessa compagnia a lanciare ieri l’allarme-cassa: il consiglio di amministrazione, aggiornato sulla riduzione della liquidità, ha rilevato ”la necessità di attivare, entro la fine del prossimo mese di settembre, il prestito ponte”. Il peso dei 235-245 milioni di euro che l’aviolinea paga ogni
mese tra stipendi (90 milioni), carburante (50-60 milioni), traffico aereo (85 milioni) e leasing (10 milioni) si è dunque fatto sentire anche negli ultimi tre mesi, visto il calo di liquidità dai 256 milioni di fine marzo. La ripresa del traffico e l’aumento delle destinazioni sul medio-lungo raggio hanno prodotto a maggio un incremento dei proventi intorno al 10%, insufficiente però ad una ripresa di quota. Gli accordi-ponte con piloti, dirigenti, assistenti di volo e personale di terra, che daranno maggiore produttività e flessibilità e contribuiranno per circa 15 milioni di euro al piano dei risparmi, sono un ulteriore dimostrazione di volontà di risalire la china, ma per il salvataggio servono quei 400 milioni che gli istituti di credito guidati da Mediobanca
potranno concedere al gruppo affidato al presidente Giancarlo Cimoli (nominato ieri amministratore delegato con tutte le deleghe dal consiglio di amministrazione), con la garanzia da parte dello Stato ma, soprattutto, con la benedizione della Commisione Ue. Un prestito che serve per traghettare l’Alitalia verso l’applicazione del piano industriale ormai solo da definire nei
dettagli, e che sarà pronto nella seconda metà di luglio. L’impianto del business plan 2004-2008 prevede – come spiegato da Cimoli all’assemblea degli azionisti lunedì scorso – innanzitutto una ristrutturazione societaria profonda, ”un riassetto organizzativo e societario necessario ed urgente da avviare subito, secondo criteri di mercato, con la costituzione di società distinte secondo i settori di attività”. Poi ci saranno la ricapitalizzazione e la privatizzazione, a partire da ottobre 2005. Fino a questa scadenza, i 400 milioni del prestito serviranno ad andare avanti nell’attività senza l’assillo della cassa che langue, mentre solo a partire da novembre del prossimo anno, con la discesa dell’azionista Tesoro (62,3%) sotto quota 50% e l’ingresso di privati, il top manager potrà dare corso allo sviluppo con acquisto di aerei e ampliamento delle rotte che, secondo le stime, prevede un aumento del 30% dell’offerta sul lungo raggio dal 2006, e una crescita del volume di passeggeri del 9%. A fronte di questi intenti, i sindacati rilevano di aver dimostrato il proprio impegno per salvare l’azienda e vogliono ora avere assicurazioni che il rilancio ci sarà davvero e che sarà evitata l’esternalizzazione delle attività non attinenti il volo (con il controllo da parte di altre società) e la
fuoriuscita di migliaia di lavoratori. Il segretario generale della Filt Cgil, Fabrizio Solari, osserva che ”si deve salvaguardare l’unicità del gruppo”: l’ipotesi dello spezzatino vorrebbe dire distruggerne l’identità, spiega, ed è
”sbagliata perché lancerebbe il messaggio del ‘si salvi chi può’, mentre tutti i settori devono rimanere ”sotto l’ala di Alitalia”. Il Sult, che non ha firmato l’accordo per il personale di terra, ha ribadito di essere ”pronto a firmare l’accordo-ponte, ma solo a patto che Alitalia garantisca che non
ci saranno esternalizzazioni” mentre l’azienda, spiega il sindacato, ”ha dichiarato la propria indisponibilità sostenendo di non essere ancora in grado di poter dare questo tipo di garanzia”. La partita ora quindi si gioca attorno al decreto legge del governo – che impegna il Tesoro a garantire il prestito ponte – che deve passare all’esame del Parlamento e ai decreti attuativi da parte del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Provvedimenti sui quali la Commissione europea ha chiesto, con una lettera al governo italiano, ulteriori dettagli.

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