venerdì, 3 Maggio 2024

Italia in ritardo sul mercato cinese

Fiavet, gli altri Paesi europei sono più avanti di noi

La Cina è il più grande, nuovo e appetibile mercato turistico. Ma l’Italia corre il rischio di non cogliere tutti i benefici possibili dall’accordo tra Ue e Cina
che consente il rilascio di visti turistici ai cittadini cinesi dallo scorso primo settembre. L’allarme arriva da Antonio Tozzi, presidente della Fiavet, la federazione della agenzie di viaggio, che pure saluta con grande favore l’intesa che apre al turismo continentale un nuovo enorme mercato. ”Gli altri paesi europei sono prontissimi a sfruttare l’occasione, noi no. Tanto per fare un esempio -spiega – l’unico sito turistico italiano che ha la traduzione anche in cinese e’ quello di Cortina d’Ampezzo”. ”Con l’apertura del primo settembre ai visti turistici – continua Tozzi – si è fatto un grande passo in avanti rimuovendo una delle cause che ha frenato fino ad ora l’afflusso di cinesi in Europa. E altrettanto si deve dire per il finanziamento all’Enit per poter supportare con proprio personale quello dei consolati italiani in Cina impegnato a soddisfare le richieste di visti già pervenute”. Ma davanti a un mercato potenziale immediato di 100 milioni di turisti occorre ben altro. ”Certo ora noi sappiamo che circa 300 tour operator cinesi sono accreditati per organizzare il turismo all’estero, almeno sappiamo con chi possiamo operare. Ma serve ben altro, occorre che l’intero sistema si attrezzi per cogliere questa grande opportunità”. La prima cosa in assoluto che penalizza l’Italia sono i
collegamenti aerei, sottolinea Tozzi, ”la Lufthansa ha ben 35 voli a settimana. Tra Cina e Italia ce ne sono 5 e gestiti dalla China Airlines. In queste condizioni come facciamo a supportare il grande afflusso previsto? Il primo impatto per la scelta di una destinazione è la facilità di raggiungerla e quindi c’è il rischio concreto che i cinesi sbarchino in Francia e in Germania. E’ vero che l’Alitalia ha in previsione per il 2005 l’apertura di una rotta con Pechino ma nelle condizioni in cui si trova, confermerà la scelta?”. Per quanto riguarda gli alberghi, aggiunge Tozzi, siamo invece a buon punto ”le strutture alberghiere ci sono” anche se devono adeguarsi al nuovo tipo di domanda. I turisti che arriveranno dalla Cina, spiega, secondo gli studi ”appartengono alla classe media e quindi chiedono alberghi da 3-4 stelle, molto raramente
sceglieranno quelli da 5” e sono ”affascinati dal made in Italy”, ma devono anche mangiare”. Ecco quindi che si aprono i problemi di comunicazione: personale turistico, alberghiero, commessi di negozi, e ristoranti devono tener conto del nuovo tipo di clientela, adeguarsi alle sue richieste.”Sappiamo, ad
esempio che la cucina italiana e quella internazionale – spiega Tozzi – non li trova entusiasti, occorrerà dunque uno sforzo e fare in modo che gli alberghi mettano nei loro menù qualche piatto compatibile, e appoggiarci ai molti ristoranti cinesi che esistono nel nostro paese”. Occorre poi attrezzarsi a spiegare nella loro lingua le bellezze che visiteranno e che le guide riescano a farsi comprendere. Insomma c’è un grande lavoro da svolgere”. E il tempo stringe, perché in Francia e Germania sono già a buon punto.

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