lunedì, 17 Giugno 2024

Venti di guerra, la ricetta delle compagnie aeree americane

I vettori Usa puntano su rotte e tariffe ampiamente modificabili

I venti di guerra soffiano sulle compagnie aeree di tutto il mondo, ma l’emergenza arriva dopo anni in cui i vettori hanno imparato a convivere con le difficoltà. Prima la recessione, poi gli attacchi dell’11 settembre 2001 e adesso un intervento militare in Iraq, reso imminente dall’ultimatum lanciato dal presidente Bush a Saddam Hussein, rifiutato dal Rais di Baghdad. Per le compagnie aeree americane, gli ultimi sono stati anni vissuti sull’orlo di una crisi di nervi ma, per ora, i vettori statunitensi non sembrano avere intenzione di alzare bandiera bianca. Nonostante diverse società del settore abbiano già rinunciato a servire destinazioni mediorientali e abbiano mutato i propri piani internazionali, le aziende dei cieli Usa, provano ancora a cercare clienti pur in un momento così difficile. In previsione dl conflitto nel Golfo, le aziende a stelle e strisce hanno iniziato a presentare alcuni piani di favore per i propri clienti, insistendo, soprattutto sulla possibilità di modificare rotte e biglietti già acquistati senza dovere pagare alcuna tassa. Mossa inconsueta – come riporta il wall street Journal – per le società: la tassa sul cambio di volo, spesso molto consistente, è una delle caratteristiche mantenuta in ogni condizione dalle compagnie. Tuttavia, sul piano internazionale (quello che si prevede più colpito dalle disdette) American Airlines permette di cambiare, liberamente, i biglietti acquistati tra il 7 e il 31 marzo, Delta quelli transatlantici comprati tra il 5 e il 31 marzo, Northwest quelli acquisiti entro 90 giorni dall’azione militare e United Airlines quelli acquistati prima dello scoppio delle ostilità. Programmi, da nomi come ‘Peace of Mind’ o ‘Comfort Level’ studiati per non perdere troppa clientela anche innanzi al rischio di un lungo periodo di difficoltà prima di ritornare ai livelli per-11 settembre. Secondo la Faa, l’amministrazione federale per il comparto aereo, solo dall’ottobre 2005 si potranno toccare nuovamente quei livelli, mentre la cifra di un miliardo di passeggeri – raggiunta negli scorsi anni – dovrebbe tornare non prima del 2015. Senza guardare troppo lontano – secondo la Air Transport
Association – lo scoppio di una guerra in Iraq brucerà 10,7 miliardi di dollari nel 2003 e circa 40.000 posti di lavoro. Senza contare le possibili ripercussioni legate a una recrudescenza del terrorismo. Il tutto senza contare uno scenario che vede la United Airlines e Us Airways già in fallimento e American Airlines sull’ orlo del baratro su cui si allungano le ombre del conflitto iracheno del 1991, quando l’ allora ‘Desert Storm’ portò alla liquidazione della Eastern Pan American Airlines. Per questo, nei giorni scorsi, i rappresentanti delle compagnie aeree sono saliti a Capitol Hill per chiedere l’intervento a loro tutela delle stanze politiche del Paese. Tra i temi sul tavolo dei parlamentari americani la richiesta di sgravi fiscali, nuovi parametri per l’ approvvigionamento del carburante e, soprattutto la possibilità di consultarsi su orari e rotte e stabilire in base ai raffronti, frequenze dei voli e servizi. Una pratica assolutamente vietata dalle norme antitrust, ma che potrebbe, in tempi di emergenza, essere adottata per limitare i danni e le ricadute a cascata.

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