Mentre l’Europa (la Commissione, il Consiglio e ora il Parlamento Ue) è al lavoro su un nuovo regolamento europeo sulla raccolta e condivisione dei dati per i servizi di affitto a breve temine, in Italia associazioni e operatori fanno sentire la propria voce in una serie di audizioni davanti alla Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato. Tutti accolgono con favore l’interesse dell’Europa ma chiedono con forza che le disposizioni previste non incidano sulla libertà, per gli Stati membri, di regolamentare l’accesso al mercato della locazione di immobili per affitti brevi con proprie norme, “purché queste non risultino in contrasto con i principi di non discriminazione e proporzionalità sanciti dal diritto dell’Unione”. E che le piattaforme “siano richiamate a compiere controlli incisivi ed ampi sugli annunci pubblicati”. Infine che il regolamento sia solo un “primo passo per la definizione di un quadro normativo adeguato ai tempi”.
Del resto il fenomeno degli alloggi affittati per brevi periodi è in forte e costante espansione: rappresenta circa un quarto del totale delle strutture ricettive turistiche nell’Unione europea e in Italia gli annunci pubblicati solo su Airbnb sono oltre quattrocentomila (a Roma 23.899, a Milano 18.416, a Firenze 10.576).
“In Italia, purtroppo, a differenza di quanto accade in altri Paesi, non sono state adottate misure che consentano di porre un argine al dilagare dell’abusivismo che spesso si nasconde sotto le mentite spoglie delle locazioni brevi” spiega il direttore generale di Federalberghi Alessandro Nucara. Secondo i calcoli dell’associazione degli albergatori, “c’è ancora una distanza siderale, un buco nero tra le due cifre del fatturato stimato degli affitti brevi e quello rilevato. La concorrenza sleale danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.
“Il Regolamento Ue sugli affitti brevi – rileva Alberto Corti, responsabile settore Turismo di Confcommercio – è efficace ma rigido, visto che non prevede passaggi di recepimento nelle normative nazionali e si scontra con un livello di normazione che, sul tema, è particolarmente
differenziato tra gli Stati membri, in alcuni casi anche tra le aree regionali e locali dello stesso Stato, come è il caso dell’Italia”.
“L’art. 5 della proposta di regolamento – fa notare inoltre il presidente di Assoturismo Confesercenti Vittorio Messina – prevede che all’atto della registrazione il locatore presenti mediante dichiarazione alcune informazioni, tra le quali l’indirizzo dell’unità, la tipologia, se l’unità offerta costituisca una parte o la totalità dell’abitazione principale o secondaria del locatore o se sia utilizzata per altri fini, il numero massimo di ospiti che l’unità può accogliere. Tali elementi appaiono eccessivamente “blandi” rispetto a quelli richiesti per la registrazione dalla legislazione nazionale e regionale italiana. Si paventa dunque che i requisiti previsti dal regolamento europeo per la registrazione delle locazioni brevi siano tarati verso il basso”.
In audizione al Senato ci sono anche Expedia e Airbnb. In particolare quest’ultimo si dice molto contento della proposta europea: “In Italia – dice Valentina Reino Head of Public Policy & Campaign – Southern Europe at Airbnb – ci sono normative a livello comunale, regionale e nazionale e queste molto spesso sono in contrasto tra loro oltre che essere in contrasto con le normative europee. Quindi è necessario fare chiarezza e per questo abbiamo accolto positivamente la proposta della commissione europea e del consiglio rispetto alla condivisione dei dati riguardo le locazioni brevi perché riteniamo che la chiarezza e la semplicità della normativa sia la strada giusta anche per incentivare l’attività e la conformità con le regole”.