venerdì, 20 Dicembre 2024

La vita in Sicilia 4 mila anni fa in una mostra a Siracusa

Come si viveva in Sicilia nel XXI sec. a.C.? Quali erano le abitudini alimentari degli uomini che l’hanno abitata nella preistoria? Una mostra in programma al Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa, da oggi, sabato 18 dicembre, al 28 febbraio 2022, da uno spaccato delle condizioni di vita del tempo grazie alle rivelazioni fornite da analisi sui reperti faunistici, gli studi sui carboni e sui residui organici sopravvissuti nei vasi che hanno permesso di ricostruire l’ambiente, la fauna e la metodologia di costruzione delle capanne. Il pezzo più interessante è un grande pithos, ricomposto da centinaia di frammenti. Il vaso, proveniente proprio da Castelluccio, in origine conteneva olio d’oliva, e rappresenta la testimonianza più antica in Sicilia e in Italia della coltivazione dell’ulivo.

“Le scoperte archeologiche ci consegnano ogni giorno nuove rivelazioni sulla storia dell’Isola – sottolinea l’assessore regionale dei Beni culturali Alberto Samonà – soprattutto relativamente alle fasi più antiche”.

La mostra è un’occasione per presentare al grande pubblico reperti inediti, provenienti sia dallo scavo dell’abitato effettuato da Giuseppe Voza tra il 1989 e il 1993, che da altri siti contemporanei della Sicilia e delle isole Eolie. Tra gli oggetti esposti anche alcuni pezzi concessi in prestito dal museo di Altamura e dall’isola di Malta. Dopo gli scavi nella necropoli effettuati da Paolo Orsi alla fine dell’Ottocento, il sito è risultato uno tra i più interessanti in Sicilia, tanto che Luigi Bernabò Brea diede il nome di “fase di Castelluccio” al periodo del Bronzo Antico siciliano, tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C. L’esposizione è arricchita con i reperti, recentemente restaurati, provenienti dall’abitato.

“Vogliamo chiudere con questa mostra al museo “Paolo Orsi” – dice Carlo Staffile, direttore del parco archeologico di Siracusa – un anno di ripresa del settore culturale dopo la crisi dovuta alla pandemia. Sono certo che questa esposizione, frutto del lavoro di ricerca di un team internazionale di studiosi, italiani, tedeschi e statunitensi, coordinati da una archeologa del Parco, Anita Crispino, otterrà il favore non solo degli specialisti ma anche dei visitatori”.

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