martedì, 19 Novembre 2024

Sottopagati e sfruttati: l’esercito degli stagionali del turismo siciliano

Li hanno definiti i nuovi schiavi: sono gli stagionali del turismo che lavorano fino a 12 ore al giorno e ricevono stipendi di meno di 500 euro. Anche in Sicilia dove, dopo due anni di pandemia, il settore ha ricominciato a fare il pienone in bar, ristoranti, spiagge e strutture alberghiere.
“Parliamo di un comparto – spiega Francesco Lucchesi della segreteria Cgil in un’intervuista a La Repubblica – in cui il lavoro grigio, se non nero, è la regola, strutturalmente precario, con un turn over altissimo e scarsa sindacalizzazione”. E soprattutto quasi nessuno che denuncia perchè chi rivendica salario e orari degni spesso viene bollato come ” piantagrane” e non viene più chiamato.

Per Unioncamere, gli occupati siciliani del settore sono più di 56.200 e tra maggio e luglio ne servirebbero almeno altri 25mila, mentre per Confartigianato Imprese Sicilia l’isola è la quarta regione per domanda di impiego, che per il 30% rischia di rimanere inevasa. Tutta colpa del reddito di cittadinanza, secondo gli imprenditori.

“Il problema non è il reddito di cittadinanza, ma le condizioni di lavoro che vengono proposte”, spiega Paolo Arena del “Magazzino di Mutuo Soccorso Eolie”. Il primo maggio scorso, lui e gli altri attivisti dell’associazione hanno tappezzato Lipari di manifesti per denunciare come siano costretti a lavorare gli stagionali sull’isola. “Cercasi schiavo”, si leggeva insieme ai termini dell’offerta media: paghe da fame, zero diritti, nessun giorno libero. “Nulla che non si sapesse, ma l’iniziativa ha fatto capire a molti di non essere soli. Manifesti del genere sono apparsi in tutta la Sicilia e anche fuori regione. E qui siamo stati contattati da decine di persone”.

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