(di Toti Piscopo) La vicenda umana raccontata a Travelnostop.com da Michele Burgio e le conseguenti reazioni ampiamente riportate dalla nostra Testata, riaccendono i riflettori sulla categoria delle agenzie di viaggio, in un momento in cui, nonostante la ripresa del turismo, continuano a soffrire, rivelandosi l’anello debole di una catena troppo fragile e discontinua.
Certo i problemi evidenziati dalle agenzie non sono avulsi dalla debolezza e dalle inefficienze del sistema economico del nostro Paese, ma a differenza di altri settori assolvono ad una funzione produttiva e sociale a costo zero per le Comunità locali, regionale e nazionale. Una categoria produttiva che sin dal dopoguerra ha, con spirito pioneristico, guardato e creduto nel turismo, scoprendo sempre nuove destinazioni e diffondendo quella cultura del viaggio che oggi costituisce un fenomeno sociale ed economico di grande rilevanza.
In Sicilia, le circa 1000 agenzie di viaggio e tour operator, in possesso di regolare licenza, generano oltre 6.000 posti di lavoro e contribuiscono ad alimentare una economia sana, fornendo garanzie ai consumatori, ai lavoratori, versando loro i contributi previsti, allo Stato versando Iva, tasse di concessioni governative e balzelli diversi. Non godono di contributi o forme assistenziali né tantomeno di una legislazione, più volte invocata e mai attuata, insieme a quella regolamentazione che determini quelle regole certe in grado di tutelare il mercato, le imprese ed i suoi lavoratori e quelle stesse Comunità che, dal turismo traggono beneficio.
Certo in questa Società in cui la ragione non prevale più, ma va riconosciuta a chi grida di più, fa più scalpore l’Azienda superfinanziata che chiude il proprio stabilimento minacciando il licenziamento di 10, 100, 500 lavoratori che non una intera categoria, dalla forte valenza professionale, imprenditoriale oltre che sociale impegnata nella quotidiana e costante lotta per la sopravvivenza. La vicenda di Michele Burgio, raccontata con toni esasperati, è rappresentativa del disagio, del malessere diffuso, e del livello di solitudine che il singolo può attraversare anche per non aver immaginato un modello di business diverso ed ha provato un senso di scoramento, lui come tanti altri, soli come tanti panda a rischio di estinzione.
Soli contro il grande fenomeno di abusivismo e di abusi diffusi, soli contro una classe politica che non ha una visione organica di sviluppo, soli contro un sistema che, dell’evasione e dell’elusione, come recentemente dimostrato da un servizio su Report, ne hanno fatto elemento di concorrenza sleale, e non è il solo. Un tema questo che coinvolge anche altre categorie del ricettivo e certo non sarà solo il codice identificativo la soluzione, ma rispetto al niente è già qualcosa. Il problema è sicuramente nazionale ma in Sicilia è aggravato dalla mancanza della legge organica sul turismo, dalla perifericità territoriale, da una mancanza di cultura d’impresa e da tanta burocrazia ed altrettanta malaburocrazia e non ultimo dalla forma più deleteria di individualismo. E quest’ultimo punto dipende da ognuno di noi dal nostro buon senso e da quel senso di responsabilità e da quello spirito di conservazione che caratterizza gli uomini liberi ed i pionieri di tutti i tempi, che per vocazione e convinzione, amano il panda e non consentiranno mai la sua estinzione.