Per comprendere una crisi… facciamo un salto nel passato

Pubblichiamo di seguito l’altra parte della riflessione di Saverio Panzica, esperto di legislazione turistica.

“Per comprendere una crisi, nello specifico quella determinata dal coronavirus/Codi19, per provare a combatterla e a superarla è bene operare secondo uno schema analitico e storico. Pertanto, partiremo dall’analisi degli eventi storici che hanno determinato il fenomeno del “turismo moderno”.

La prima e la seconda guerra mondiale, in gran parte, furono combattute dalle potenze economiche d’Europa per il controllo della Rhur. La questione della Rhur è una questione di politica internazionale postasi alla conclusione della prima guerra mondiale in relazione al problema delle riparazioni di guerra tedesche. Il bacino carbonifero e siderurgico della Ruhr si trovò al centro del confronto fra la Germania e i suoi vincitori allorché i ritardi nelle forniture imposte dal Trattato di Versailles (1919) ai Tedeschi a titolo di riparazione dei danni di guerra provocarono come rappresaglia, a cominciare dall’8 marzo 1921, l’occupazione del territorio da parte delle truppe alleate. Particolarmente duro fu l’atteggiamento della Francia, la quale, spalleggiata dal Belgio, cercò praticamente di staccare la Ruhr dal resto della Germania incoraggiando anche un movimento separatista.

Il governo tedesco del cancelliere W. Cuno reagì, nel 1923, sospendendo le forniture e proclamando la resistenza passiva agli occupanti, ma lo sforzo che la Germania dovette compiere per fronteggiare la situazione (scioperi, agitazioni, isolamento doganale, controllo dello sfruttamento delle materie prime) fece precipitare la crisi economica e in particolare il crollo del marco. Alla resa del nuovo gabinetto Stresemann, succeduto a Cuno nello stesso anno, si accompagnarono d’altra parte le pressioni moderatrici della Gran Bretagna e degli Stati Uniti sulla Francia, che portarono a un compromesso sulle riparazioni (piano ideato da Charles Gate Dawes, agosto 1924) e all’evacuazione della Ruhr (ottobre 1924-luglio 1925).

Dopo la seconda guerra mondiale, terminato il regime di occupazione della Germania, la gestione del bacino carbosiderurgico venne affidata, ancora per iniziativa soprattutto francese, a un’Alta Autorità internazionale della Ruhr, creata nel 1949 con la partecipazione, oltre che della stessa Germania e degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, anche del Belgio, Olanda e Lussemburgo, e con lo scopo di assicurare l’uso pacifico delle risorse del territorio nonché la loro equa distribuzione fra i vari Paesi interessati.

Con la costituzione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) questo regime scomparve (1952) e la regione entrò a far parte della Repubblica Federale di Germania, dove la creazione (1946) del Land della Renania Settentrionale-Vestfalia, abolendo i precedenti confini fra queste due entità amministrative, favoriva l’ulteriore coesione regionale ed economica del bacino.

L’EUROPA ha saputo ricominciare e ricostruire in pochi decenni ai danni causati dalla follia nazista. Alla sua ricostruzione hanno partecipato tutti i popoli europei con grande impegno, tenacia e con immani sacrifici lavorativi, basti pensare agli operai, spesso emigrati, moltissimi italiani, che lavoravano in condizioni disumane. Ma il lavoro di questi operai ha favorito la realizzazione di una Europa migliore. I figli degli emigranti, quanti italiani, hanno studiato e si sono affermati in contesti lavorativi che nulla avevano a che vedere con quelli drammaticamente vissuti dai loro genitori.

Fino alla prima metà del ‘900 il turismo era ancora un fenomeno d’elitè, che interessava alcune fasce di popolazione perché avevano disponibilità di tempo e denaro. In seguito, tra il XIX e l’inizio del XX secolo, con la maggiore diffusione dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione in Europa e in America settentrionale, il turismo conquistò i ceti medi e popolari.

Di conseguenza il turismo ha assunto nei paesi sviluppati le attuali caratteristiche di fenomeno di massa, espressione di un nuovo tessuto socio-economico e dell’interazione dei fattori cui dipende: aumento del tempo libero e del reddito disponibile, sviluppo dei mezzi di trasporto, innalzamento del livello di alfabetizzazione.

Un mio carissimo amico, il Prof. Gigi Cusimano, eminente docente di Geografia dell’Università di Palermo, preferisce usare il termine “masse di turisti” piuttosto che “turismo di massa”, in quanto ritiene che noi tutti “comuni mortali” rientriamo nella categoria di quelle masse che si spostano per turismo.

L’esplosione del turismo di massa si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, a partire dall’uso dei pullman, per passare poi alle auto, le navi e i voli aerei. Ogni cittadino di un paese sviluppato, quindi, si trasforma in un potenziale turista poiché, sia per moda, sia per decisione consapevole, ha la facoltà di impiegare il proprio tempo libero sotto un cielo diverso da quello abituale.

Se i viaggi erano “sacri” per le civiltà antiche, tali divengono anche le vacanze moderne (il termine holiday deriva proprio da holy-day, giorno sacro) ma solo in quanto la sacralità equivale (unicamente) a indispensabilità. Molteplici fattori determinano tale evoluzione.

A questo punto ritengo doveroso analizzare il fenomeno turistico di questi ultimi anni, in particolare dal 2008, anno in cui irrompono i servizi online, grazie ai vari portali di prenotazione. Il mondo del turismo cambia radicalmente, la democrazia della rete sottrae lavoro e potere agli intermediari tradizionali, ovvero le agenzie di viaggi. Gran parte delle imprese turistiche, con diverse percentuali di condizionamento, rientrano nei cosiddetti “flussi intermediari”, proposti, o meglio imposti, dai portali telematici, siano essi OTA (EXPEDIA – BOOKING), o agenzie di promozione pubblicitaria (AIRBNB).

Il processo di intermediazione online, da un lato ha permesso, anche alla micro imprenditoria, di potersi proporre nel contesto internazionale, ma ha imposto percentuali, relativamente ai servizi di prenotazione e di vendita, estremamente onerosi. Le imprese turistiche che sono state in grado di operare in qualità, grazie alle competenze e alla disponibilità del loro personale, sono riuscite a ridurre notevolmente le percentuali di prenotazione attraverso la rete. Ciò ha determinato un riconoscimento della domanda turistica che ha apprezzato i servizi offerti e li ha proposti ad amici e parenti. Quindi, potremmo asserire che il passaparola (in inglese “word of mouth) rappresenta la chiave per fidelizzare i clienti e superare le eccessive barriere di accesso al mercato turistico imposto dalla rete. La ‘disintermediazione’ è il fenomeno di riduzione dei flussi intermediati. Composto dal prefisso latino e greco “dis” che indica tradizionalmente ciò che viene separato, la parola indica ogni processo di rimozione della figura dell’intermediario ossia colui che ha la funzione di intercedere tra due o più attori sociali per facilitare il raggiungimento di un accordo”

MA UN EVENTO TERRIBILE E INASPETTATO SCONVOLGE IL MONDO INTERO ORMAI GLOBALIZZATO E GLOGALIZZATO.

Il primo caso di contagio accertato da Covid-19, la misteriosa polmonite provocata dal nuovo coronavirus, può essere fatto risalire allo scorso 17 novembre. A spostare notevolmente più indietro la partenza del contagio che sta facendo tremare il mondo (e che in Italia ha causato circa 2.000 decessi al 16 marzo 2020) è, sulla base dei dati messi a disposizione dalle autorità sanitarie cinesi, il South China Morning Post.

Secondo questa ricostruzione, il paziente numero uno è un 55enne dell’Hubei, la provincia di Wuhan, che ha quindi contratto l’infezione due settimane prima del 1 dicembre, la data finora indicata dalla rivista scientifica Lancet – sulla base delle informazioni fornite dalla comunità scientifica cinese – come quella dell’apparizione dei primi sintomi di contagio.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) da parte sua, ha datato l’inizio di quella che ora è riconosciuta come una pandemia allo scorso 8 dicembre, il giorno del primo ricovero all’ospedale Jinyintan di Wuhan di un paziente infetto.

Il dramma viene sottovalutato ma, piano piano, ci si rende conto che qualche cosa non va, non quadra. Finalmente, molti di noi, non tutti, ci rendiamo conto che per capire la gravità della situazione bisogna spostare il punto di osservazione, non più come semplici cittadini, ma dobbiamo immedesimarci nel lavoro dei medici e degli infermieri che, in modo eroico più che professionale, stanno lottando e combattendo, a mani nude, contro un nemico subdolo – nascosto – imprevedibile. Alcuni, tra medici ed infermieri, perdono il bene più prezioso, la vita, impegnandosi in un lavoro immane.

Oggi stiamo in casa, ci guardiamo con diffidenza, temiamo che la persona che ci è vicina possa essere un “untore”, siamo perplessi in merito agli spostamenti di italiani dal nord al sud (molti hanno dimenticato che molti di loro sono figli, mogli, mariti, andati al nord per studio o lavoro)”.

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