“Tassa di soggiorno sì, ma ad una sola condizione: che i proventi vengano completamente reinvestiti nel turismo. E siamo felici che il Comune di Arezzo condivida la nostra posizione”. Ad affermarlo la Confcommerco, che fino a un anno fa chiedeva il congelamento della tassa di soggiorno.
A confermarlo Gianni Fabbrini, presidente degli albergatori aretini della Confcommercio, dopo l’incontro con Marcello Comanducci, assessore alle attività produttive.
“L’assessore ci ha spiegato che c’è bisogno di trovare altre risorse per migliorare l’accoglienza e sviluppare il potenziale turistico della nostra città – prosegue Fabbrini – la tassa di soggiorno al momento pare l’unica soluzione percorribile. L’unica condizione che abbiamo chiesto, e ottenuto, è che quanto arriverà nelle case comunali grazie alla tassa sia utilizzato solo e soltanto per scopi turistici e non per compensare le carenze di bilancio in altre voci. Confidiamo ora che il Consiglio Comunale approvi il testo del Regolamento così come deliberato dalla Giunta”.
Inoltre, gli albergatori chiedono che gli investimenti sul turismo siano condivisi e pianificati sulla base di un progetto pluriennale e coordinato.
“Il turismo è materia complessa e trasversale – dice Fabrini – dove molti elementi concorrono a comporre il prodotto finale. Non basta avere risorse artistiche o ambientali da far ammirare, ma occorre anche offrire sicurezza, pulizia delle strade, efficienza dei trasporti pubblici, della rete internet e di altri servizi. E, soprattutto, avere un’idea strategica di dove vogliamo andare: il turismo ha bisogno di un piano industriale esattamente come gli altri settori economici. Ecco il senso di organismi di governance come il Convention and Visitors Bureau di New York City o il Turisme de Barcelona, dove i soldi dei turisti sono utilizzati per pagare professionisti, che mettendo in rete tutti i soggetti pubblici e privati creano infrastrutture e prodotti adeguati al mercato turistico, secondo obiettivi misurabili di marketing.
Ecco – conclude – se la tassa di soggiorno fosse usata per dare un futuro solido al turismo, per intraprendere azioni mirate ad accrescere la competitività della destinazione, potrebbe avere un senso. Se dovesse invece rimanere un’azione depredatoria nei confronti dei turisti, non servirà ad altro che a penalizzarci tutti”.