Lontano dall’alta stagione la vita sul massiccio del Monte Rosa dalla Val d’Ayas, alla Valle di Gressoney o alla Valsesia scorre più lenta e gli spazi paiono dilatarsi insieme al tempo: il luogo ideale per una fuga d’autunno dalla frenesia della città, per ritrovare l’equilibrio interiore e per lasciarsi stupire, una volta di più, dalla musica della montagna.
In Val d’Ayas gli alpeggi si puntellano, d’estate, di bianche nuvolette: sono pecore da latte, quelle della famiglia Bagnod, esempio eccellente di imprenditorialità di montagna e anche di ricerca, per quanto riguarda l’allevamento d’altura.
Resta aperta fino al 1° novembre la loro azienda agricola e agriturismo La Tchavana (parola che in francoprovenzale valdostano indica un fabbricato rurale d’alpeggio), dove ai 2.000 mt di quota dell’Alpe Metsan, sopra Antagnod, è possibile acquistare i prodotti di queste lavorazioni del latte ovino, su tutti il Gran Gessato e il Neige de Brebis, per l’appunto, la neve di pecora, oltre ai grandi classici valdostani come la Fontina D.O.P.
È stato osservato, in sociolinguistica, uno strano fenomeno: è infatti raro, quasi impossibile, utilizzare la parola ‘Gressoney’ in una frase che non includa anche la parola “toma”. E viceversa. Sono come sale e pepe, la toma e Gressoney, ma questo certo non vuol dire che da queste parti si mangino solo queste gustose forme d’alpeggio. La deliziosa mocetta di camoscio, l’arrosto di capriolo, e gli sfiziosi Chnéffléné, gnocchetti di uova e farina derivati dalla tradizione walser. La ricetta originale prevede siano accompagnati dalla cipolla brasata, ma sono spettacolari anche conditi con panna e speck.
Gli Chnéffléné sono solo uno degli innumerevoli lasciti di cultura walser custoditi dalla Valle di Gressoney: anche dove non ce li si aspetterebbe, come nel meraviglioso castello che qui fece erigere Margherita di Savoia, dove troviamo la regina ad attenderci in abito tradizionale walser in uno dei suoi numerosi ritratti. È giusto fare un salto qui, prima di lanciarsi alla scoperta di alcuni dei trekking più belli della valle, tra boschi di larici tinti di giallo-arancio-ruggine, molti dei quali attraversano proprio gli insediamenti degli antichi mercanti della valle. Alpenzu Grande e Alpenzu Piccolo, ad esempio, raggiungibili in un paio d’ore di passeggiata non troppo difficile dalla località Tschemenoal, appena a nord di Gressoney-Saint-Jean. Si tratta di due dei pochi insediamenti walser che conservino ancora intatta la loro architettura, essendo stati abitati fino ai primi anni del ‘900 da un centinaio di persone. E la vista sul Monte Rosa, da quassù, non si batte!
Chi sa cosa vuol dire andare a pesca, conosce bene la perfetta sintonia che deve crearsi tra la natura e l’umano: “ci vuole pazienza”, si sente spesso dire, ma la pazienza non basta. Bisogna conoscere il territorio, la stagionalità, la schiusa degli insetti, il colore e la trasparenza dell’acqua. In Valsesia, infatti, pescare vuol dire pescare a mosca: creare, con sete di vari colori e piume di uccelli, gli insetti più adatti ad attirare le prede. È un’arte ipnotica, un insieme di gesti spontanei e armoniosi finalizzati a presentare le mosche ai pesci in modo naturale. Bisogna trovare la giusta armonia, in un susseguirsi di movimenti morbidi ed eleganti, per posare con cura le mosche, che ai pesci devono sembrare cadute dal cielo, trasportate dalla corrente, pigramente annegate, oppure saltellanti e sfuggenti, effimere.
Per essere aggiornati in tempo reale sulle aperture si consiglia di consultare il sito: www.monterosaski.eu