La guerra tra Ucraina e Russia, porta l’Abruzzo a fare i conti con l’assenza del turismo russo, negli ultimi anni in crescita. Prima della pandemia, nel 2019, gli arrivi di viaggiatori russi nelle quattro province erano stati pari a 4.214 unità, per un totale di 17.532 presenze, cioè di notti trascorse nelle strutture ricettive. I dati, elaborati dal dipartimento Sviluppo economico – Turismo della Regione Abruzzo, sono stati forniti all’ANSA da Federalberghi Abruzzo. I flussi turistici russi, in Abruzzo, sono al 17° posto per numero di arrivi, nella classifica che vede sul podio (34.798 arrivi), Svizzera (15.198) e Francia (12.897). A livello territoriale, in testa c’è la provincia di Pescara, con 1.543 arrivi di turisti russi e 5.055 presenze, seguita dal Teramano che, seppur con un numero inferiore di arrivi, 1.482, vanta il maggior numero di presenze, 9.551. Poi ci sono il Chietino (651 arrivi, 1.746 presenze) e l’Aquilano (538 arrivi, 1.180 presenze).
“Dopo il periodo drammatico legato all’emergenza Covid-19, sembrava che ci stessimo avviando alla ripresa – afferma il presidente di Federalberghi Abruzzo, Giammarco Giovannelli – Quello russo è un mercato molto interessante che può dare prospettive utili rispetto a tanti club di prodotto e a tanti mercati turistici, alberghieri ed extra alberghieri, senza tralasciare i borghi, sui quali il mercato russo è molto sensibile, e le strutture di qualità nelle località balneari. Ciò che preoccupa, in questa delicatissima fase, non sono solo gli effetti sui flussi turistici russi verso l’Abruzzo, ma anche la situazione di incertezza in cui stiamo nuovamente piombando. L’auspicio è che l’attuale crisi possa presto risolversi positivamente”.
Stessa situazione per il turismo riminese che teme i riflessi dell’invasione russa in Ucraina. Il sindaco del capoluogo romagnolo, Jamil Sadegholvaad. Ma a metterlo ancora di più in allerta è la possibilità di un nuovo conflitto in Europa. La Riviera riminese, infatti, da anni conta sul mercato russo in termini di presenze turistiche.
“Preoccupano le ripercussioni sull’incoming turistico estero – dice all’ANSA – ma questo è solo un dettaglio di poco conto in questo momento. Quello che davvero preoccupa è che una guerra dalle conseguenze imprevedibili può deflagare in Europa”.
Il mercato russo prima della pandemia rappresentava la fetta più grande delle presenze straniere a Rimini. Un primo crollo si è avuto nel 2015. La crisi ucraina del 2014, le successive sanzioni a Mosca e la svalutazione del rublo avevano fatto dimezzare da un anno all’altro gli arrivi da quel Paese. Un secondo crollo lo si è avuto nei due anni della pandemia quando ai cittadini russi, vaccinati con Sputnik, veniva richiesto il tampone per l’ingresso in Italia. L’aeroporto di Rimini aveva comunicato di recente di essere in trattativa con alcune compagnie aeree per nuovi voli dalla Russia.