Il nuovo ‘miracolo’ all’italiana degli host di Airbnb
29 Ottobre 2025, 13:02
È nato un nuovo ceto sociale, gli “host” (soggetti ospitanti) di immobili offerti su AirBnB: in Italia sono 350 mila e gestiscono in media 2,1 appartamenti per ciascuno. Così Federico Fubini nella sua newsletter settimanale «Whatever It Takes», ripresa dal Corriere della Sera (clicca qui), approfondisce la questione degli affitti brevi, fenomeno in forte ascesa e che negli ultimi giorni sta facendo litigare la classe politica per la proposta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di aumentare la cedolare secca dal 21% al 26% anche sul primo appartamento offerto in affitto breve.
“Il fenomeno – scrive Federico Fubini – sta assumendo dimensioni talmente di massa, su una scala così macroeconomica, che è tempo di guardarlo anche dal punto di vista sistemico. Nessun’altro settore è cresciuto in maniera paragonabile negli ultimi anni in Italia, nessun altro sta continuando a dimostrare un dinamismo così evidente e a cambiare le prospettive economiche di un numero così vasto di italiani”.
Dal 2017 il numero delle «unità abitative» offerte in affitto breve e poi da subito dopo la pandemia è esploso di oltre il 50%. Ma non solo. Sono esplosi anche i ricavi, crescendo di oltre tre volte da 2,6 a 8,8 miliardi di euro.
E ancora: il costo dell’affitto di un’unità abitativa in Airbnb nel Belpaese fra il 2017 e il 2024 è salito in media da 111 euro a 167 euro per notte: fa più 50% in sette anni, cioè un’inflazione degli affitti brevi del 7% medio annuo (segnatevelo, perché tornerà utile tra poco). I ricavi annui per immobile sono più che raddoppiati a 11.700 euro all’anno, mentre i ricavi per ciascun «ospitante» in media sono cresciuti ancora di più: da 10 mila euro all’anno del 2017 a 25 mila euro all’anno.
Dunque, mentre il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi di chi lavora in Italia calava, quello di chi gode di rendite anche piccole è molto più che raddoppiato. E qui spunta un tema di equità fiscale. Con il prelievo al 21% uno «host» di AirBnB da 24 mila euro l’anno versa al fisco, per la propria rendita, appena circa 1.350 euro all’anno in più rispetto a un lavoratore dipendente con lo stesso reddito (quest’ultimo è soggetto all’aliquota al 23%, con una no tax area di 8.500 euro). È semplicemente ingiusto che chi svolge lavori magari faticosi e pericolosi nella propria comunità paghi – a pari guadagni – quasi tante tasse quante ne paga il beneficiario di una rendita che genera tanti impatti negativi su larga parte della popolazione del suo centro abitato. E in realtà il reddito di molti proprietari in appartamenti in AirBnB è ben superiore ai 24 mila euro l’anno”.