Con le ultime due new entry, le faggete secolari e le opere difensive veneziane, l’Italia si conferma primo paese al mondo per il numero di siti riconosciuti dall’Unesco, saliti a 53. Ad insidiare lo storico primato del Belpaese in un prossimo futuro potrebbe essere la Cina attualmente presente con 52 siti, ma fortemente motivata, dotata di grandi risorse economiche per sostenere i suoi dossier e pronta a dare battaglia con tante diverse candidature.
Nella lista appena aggiornata sul sito online dell’organizzazione delle Nazioni Unite, al terzo posto della top five c’è la Spagna con 46 siti, seguita dalla Francia con 42 e dalla Germania con 41. A buona distanza l’India con 36 e il Messico con 34, la Russia con 27, gli Stati Uniti con 23, il Giappone e il Brasile con 20, la Grecia con 18.
In tutto ad oggi i beni elencati sono 1.072 ripartiti per 167 paesi del mondo. L’Unesco li divide in siti culturali (831) naturali (206) misti (35) transfrontalieri (37) in pericolo (55). Due siti, la Valle dell’Elba a Dresda (Germania) e il santuario dell’Oryx arabo in Oman sono stati ritirati dalla lista, rispettivamente nel 2009 e nel 2007.
Prima delle foreste primordiali dei faggi e delle opere difensive veneziane, gli ultimi siti italiani accettati dall’Unesco erano stati la Palermo arabo normanna con le cattedrali di Cefalù e Monreale e il Paesaggio viticolo del Piemonte con Langhe e Monferrato. Il prossimo anno sarà la volta di altre due candidature, Ivrea, città industriale del XX secolo e Le colline del Prosecco.
Dal 2019, prò, le regole cambiano: ogni paese potrà presentare una sola candidatura all’anno e in tutto il mondo, ogni anno, non potranno essere più di 35. In caso di ‘overbooking’ l’Italia sarebbe tra i paesi svantaggiati: proprio a causa dei tanti siti già presenti nella lista, le sue richieste verrebbero esaminate per ultime.