sabato, 21 Dicembre 2024

Falafel e pizza margherita al top tra cibi sostenibili

Secondo il Food Sustainability Index, l’Italia ha importanti margini di miglioramento in termini di sostenibilità, ma quale impatto avrà sul Pianeta un piatto tipico come la pizza? Per una classica ‘margherita’, a base di mozzarella e pomodoro, servono 412 litri d’acqua e 2,46 m2 di terreno, mentre il suo impatto sull’ambiente sarà pari a 652 grammi di gas serra generati direttamente e indirettamente lungo le diverse fasi della filiera. Per questo, la ‘margherita’ si posiziona nella parte medio-bassa della Piramide Ambientale. Sostenibile, ma non sul podio dei piatti più ‘green’. La pizza, però, resta un alimento nutrizionalmente completo, poiché contiene i tre macronutrienti principali: carboidrati, proteine e grassi. Rispettando i principi della dieta mediterranea, si può optare per quelle a base di farine di tipo 1 o 2, di tipo integrale o semi integrale.

La pizza supera in sostenibilità un cibo tipico dello street food anglosassone come il Fish and Chips, contrassegnato dal colore arancio, e che si colloca a metà della Piramide Ambientale.
Spostandoci in Francia, la classica insalata nizzarda, amata per la sua leggerezza, preparata con fagiolini, peperoni ma anche tonno e uova, resta uno dei piatti più sostenibili dell’estate. Una porzione da 100g ha un ‘peso’ per il Pianeta di ‘appena’ 64 grammi di Co2. È contrassegnata dal colore verde scuro perché si trova nella zona più sostenibile della Piramide Ambientale. Dato che conferma la tendenza positiva riscontrata nel Food Sustainability Index: il paese transalpino, infatti, è uno dei più sostenibili quando si parla di produzione, consumo di cibo e lotta allo spreco.

Chi visita la nazione confinante, la Spagna, non può non assaggiare la classica paella. Un piatto completo anche dal punto di vista nutrizionale, dato che unisce alle proteine del pesce e della carne, le fibre delle verdure e carboidrati. Analizzando la classica paella valenciana, scopriamo che per produrre una porzione da 100 grammi servono 241 litri d’acqua e quasi 2 m2 di terreno. Una buona performance tutto sommato e un piatto comunque più sostenibile delle pietanze tipiche del vicino Portogallo dove il baccalà, che sia arrosto o fritto, è senza dubbio presente in molti dei suoi piatti iconici. Il Portogallo è una nazione che nel complesso risulta sostenibile anche se con delle aeree da migliorare, come per quanto riguarda la pesca. Una porzione di Pasteis de Bachalau (crocchette di baccalà) da un etto ‘costa’ al Pianeta 170 grammi di Co2, , che diventano ben 250 nel caso di una porzione da 100 grammi di baccalà alla brace. Entrambi sono contrassegnati dal colore arancione.

Altre due nazioni da qualche anno sempre più protagoniste delle vacanze degli italiani sono Grecia e Croazia. La prima si trova in una posizione medio – bassa del FSI: molti indicatori sono buoni (si spreca meno cibo della media europea, ad esempio), altri meno (pochi investimenti in progetti di agricoltura sostenibile). Un piatto tipico greco, la Moussaka, può considerarsi sostenibile. La celebre ‘torta salata’ a strati composta da melanzane, patate e carne (in genere un mix di carne di agnello e/o manzo, oltre a suino) richiede 241 litri d’acqua per una porzione da 100 grammi e si trova in una zona ‘green’ della Piramide rovesciata.

Discorso diverso per la Croazia: la Pašticada, ovvero uno dei piatti più famosi della Croazia dalmata a base di carne di vitello, la cui ricetta è disponibile in più varianti, non è esattamente un campione di sostenibilità. Per una porzione da 100 grammi servono più di 15 m2 di terreno, e oltre 2.300 litri d’acqua. Il colore assegnato a questa ricetta è il rosso e la pone nella parte più alta della Piramide ambientale. I piatti a base di carne rossa, infatti, forniscono proteine e oligoelementi come zinco, rame e ferro, insieme a vitamine del complesso B. Tuttavia, un consumo eccessivo di carne rossa può avere rischi sulla salute. La sua scelta va quindi limitata. Per contro, la Croazia è un Paese che sta facendo molto per essere più sostenibile: se infatti, c’è ancora molto da fare in materia di risposte politiche al problema del food loss, il cibo che si ‘perde’ nel tragitto che dai campi arriva agli scaffali dei supermercati, può vantare una buona biodiversità e uno spreco di cibo a livello individuale un po’ più contenuto (56 kg/l’anno, mentre in Italia sono 65).

“Se guardiamo ai piatti tipici delle nazioni analizzate, non possiamo fare a meno di notare che quelli con un’impronta ecologica più alta sono anche quelli che prevedono l’uso di carne o di pesce. Sono i cibi che hanno il costo più alto in termini di quantità di gas serra emessi per la loro produzione. Oggi più che mai serve un approccio diverso al cibo, al modo di produrlo e di consumarlo. Soprattutto se consideriamo che entro il 2050 si prevede un aumento dell’80% delle emissioni di gas serra derivanti dalla produzione alimentare”, ha detto Katarzyna Dembska, ricercatrice BCFN.

Restando nel Mediterraneo, nell’area mediorientale, i falafel – piatto a base di ceci tipico di Paesi come Israele (e delle zone limitrofe) – è uno dei campioni di sostenibilità, senza considerare che è anche un buon piatto ideale per aumentare la frequenza di legumi nella dieta, che hanno un elevato contenuto in fibra e forniscono proteine di ottima qualità, ricche di aminoacidi essenziali e facilmente digeribili. Contrassegnati dal colore verde, impattano sull’ambiente con 101 grammi di CO2 per una porzione da un etto.

Infine, il cous cous rappresenta un buon esempio di equilibrio culinario, ricco di nutrienti. Contrariamente a quanto si pensi, però, quello tipico marocchino, con carne di agnello, ceci e uvetta, non è leggerissimo, neanche per il Pianeta: per una porzione da 100 grammi, infatti, servono ben 548 litri d’acqua, e il suo colore è l’arancio. Sarebbe preferibile scegliere la sua versione alle verdure, con zucchine, piselli e peperoni. In questo caso, per una porzione da un etto si risparmierebbero più di 50 litri d’acqua. Il colore di questo piatto, secondo l’analisi di Fondazione Barilla, sarà verde, e il Pianeta ci sarà riconoscente.

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