giovedì, 14 Novembre 2024

Wedding Tourism, Italia al top superata solo da Tropici e Hawaii

Sposarsi nel Belpaese ha un gran fascino, non solo per George Clooney, Tom Cruise e Sofia Coppola. Secondo i dati dell’Osservatorio sul Wedding Internazionale, presentati a Ravello, il Belpaese è la meta europea preferita per i destination wedding mentre a livello mondiale viene superata soltanto da Tropici e Hawaii (mete gettonatissime per i beach wedding) e seguita da Francia, Grecia e India.   

Il matrimonio made in Italy viene scelto per il mix di buon cibo, buon vino, arte, cultura e panorami, oltre che la certezza di un calore umano che difficilmente si trova in altre nazioni. Nel 75% dei casi, chi viene in vacanza in Italia decide di organizzarvi il proprio matrimonio.

In Italia il giro d’affari nel 2014 era di oltre 350 milioni di euro (con oltre 6.200 matrimoni con un costo medio di 50 mila euro) e nel 2015 ha superato i 400 milioni, un dato in costante ascesa, superiore di quasi il 50% a quello rilevato due anni prima.

La permanenza media è di 3,5 giorni e inoltre il 90% delle coppie ha poi approfittato per proseguire la luna di miele in Italia.

Il matrimonio internazionale è tra l’altro un ottimo veicolo per fidelizzare turisti e accrescerne quindi i flussi. Il 25% di chi si sposa in Italia torna per festeggiare il primo anniversario. Il 47,6% dopo 2 o 3 anni, il 12,4% dopo oltre 5 anni. Il 90% consiglia agli amici di sposarsi in Italia. 

Le mete più amate sono la Toscana (43% delle preferenze), la Costiera Amalfitana (38%), l’Umbria (8%), Venezia e i Laghi (6%) mentre Puglia e Sicilia sono le agguerritissime new entry.

Tra le location preferite – hotel di pregio ma non obbligatoriamente di gran lusso, ville storiche e castelli – si fanno spazio limoneti, agriturismi di lusso, masserie, cantine, borghi incontaminati e sconosciuti.   

Le nazioni che amano di più il matrimonio all’italiana sono Regno Unito (25%), Stati Uniti e Canada (15,4%), Russia (9,4%), Giappone (7,8%), Australia (5,2%), Arabia Saudita (6,3%), Cina (4,6%), Brasile (4,2%) e Germania (1,5%). Il restante 21% è equamente diviso tra le nazioni emergenti, quali paesi baltici (con un’alta percentuale di Lituania), paesi dell’ex orbita russa, Turchia e India.    

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