Case confortevoli in ambiente familiare, immerse nella natura, a poche decine di minuti da Tel Aviv o da Gerusalemme, a prezzi molto convenienti. Negli ultimi giorni questo genere di inserzioni ha destato attenzione – e anche proteste da parte palestinese – quando un blog israeliano di sinistra, Sihà Mekomit, ha rivelato che in maniera non sempre evidente a turisti stranieri ignari viene proposto di pernottare in colonie ebraiche della Cisgiordania: ossia in aree politicamente controverse, dove inoltre si registrano sovente episodi di violenza.
Le critiche da parte dei palestinesi sono state rivolte al sito Airbnb, che però le ha prontamente respinte. “Seguiamo – ha detto un portavoce di Airbnb, citato dal Jerusalem Post – le leggi e le regole relative a dove noi possiamo fare affari. Investighiamo quando vengono espresse preoccupazioni circa inserzioni specifiche”.
Nelle inserzioni i pernottamenti nelle colonie sono invece presentati come un’occasione di relax in ambienti in apparenza pastorali. Per Sihà Mekomit però il sito Airbnb deve essere egualmente criticato perché “sostiene l’economia delle colonie ebraiche”. Inoltre dovrebbe chiarire che quei villaggi si trovano in zone controverse e che per la comunità internazionale non fanno parte di Israele.