L’olio come il vino è una produzione ben radicata nelle campagne italiane, e l”’oro verde” attira schiere di cultori della buona tavola della Dieta Mediterranea, dei paesaggi rurali e del benessere. Ma mentre l’enoturismo ha ottenuto un riconoscimento normativo già con la Legge di bilancio per il 2018 e il decreto attuativo firmato dall’ex ministro Gian Marco Centinaio, il turismo dell’olio non ha finora avuto un concreto supporto istituzionale. Prova a voltare pagina un emendamento alla Legge di Bilancio, attraverso il quale si realizzerebbe la sostanziale equiparazione tra le attività di oleoturismo e quelle di enoturismo, permettendo ai produttori di olio di beneficiare degli stessi incentivi di cui beneficiano i produttori di vino.
“Se la Legge di Bilancio dovesse passare anche alla Camera entro il 31 dicembre, dal primo gennaio 2020 le disposizioni relative all’attività di enoturismo sarebbero estese anche alle attività di oleoturismo” precisa il presidente dell’Associazione nazionale Città dell’Olio Enrico Lupi che spiega: “il turismo dell’olio è finalmente tra le priorità del Governo”.
Secondo una ricerca presentata al venticinquesimo anniversario dell’Associazione Città dell’Olio “il 69% dei turisti italiani desidera prendere parte a una esperienza olio, ma solo il 37% vi ha effettivamente partecipato. Inoltre al 61% piacerebbe partecipare alla raccolta delle olive e produrre il proprio olio. Mentre le attività artistiche negli uliveti sono ambite dal 41%”.
L’emendamento identifica come attività di “oleoturismo” tutte quelle di conoscenza dell’olio d’oliva espletate nel luogo di produzione, e consistono: nelle visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione dell’ulivo; nella degustazione e nella commercializzazione delle produzioni aziendali dell’olio d’oliva, anche in abbinamento ad altri alimenti; in iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito dei luoghi di coltivazione e produzione.