giovedì, 19 Dicembre 2024

Airbnb evade il fisco, non ha pagato la cedolare secca

Un maxi sequestro di oltre 779 milioni e 453 mila euro è stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Milano nei confronti di Airbnb Ireland Unlimited Company, titolare dell’omonima piattaforma di affitti brevi nonché di tre persone che hanno rivestito cariche di amministrazione all’interno del gruppo statunitense, tra il 2017 e il 2021, accusate dalla procura di Milano di frode fiscale: non hanno pagato la cedolare secca sui canoni che ammontano a quasi 4 miliardi di euro. Per la ipotizzata maxi evasione sono indagati, Patrik Clarke Dermot, Mary Hassel Aisilig e Killian Francis Pattwell, negli anni in questione hanno “rivestito il ruolo di director” nella società con sede legale a Dublino e domicilio fiscale a Milano e per tanto con una “stabile organizzazione” nel nostro Paese.

In sostanza, sulla cifra miliardaria incamerata con gli affitti la società, è l’ipotesi, ha corrisposto ai proprietari degli immobili (host) la cifra versata dai locatari “al netto della commissione addebitata per l’utilizzo della relativa infrastruttura digitale”, omettendo di saldare i conti con il fisco italiano per gli anni gennaio 2019-gennaio 2023.

“L’obbligo in capo alla società estera di prelievo alla fonte sulle somme versate dai conduttori ai locatori e di successivo versamento del tributo evaso – prosegue la nota – è stato confermato dal doppio vaglio operato” sia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sia dal Coniglio di Stato. Come annota il giudice Minerva, Airbnb “ormai da anni” ha “assunto la deliberata opzione aziendale” di non conformarsi alla normativa italiana sul versamento della cedolare secca sugli affitti brevi “con il fine precipuo di non rischiare la perdita di fette di mercato in favore della concorrenza”.

Airbnb avrebbe preso in considerazione anche la possibilità di “abbandonare i pagamenti on line, al fine di sottrarsi, unicamente per il futuro, al presupposto impositivo” della cedolare secca. Nel decreto, infatti, è riportato un “memorandum”, acquisito dalla Gdf nelle indagini, nel quale Airbnb valutava “quattro differenti scenari” di “azioni da intraprendere” di fronte alle normative italiane sull’imposta. Il primo prevedeva di “difendere la propria posizione” facendo i conti “con diversi anni di contezioso” fiscale con l’Agenzia delle Entrate. Al secondo punto c’era l’opzione di abbandonare “i pagamenti on line”, anche se ciò avrebbe potuto portare ad una “contrazione dei ricavi”. Terzo scenario, indicato nel memorandum, il “conformarsi” alla normativa sulla cedolare secca con un sistema, però, di “adesione volontaria” da parte degli host locatari. Quarta ed ultima opzione quella di “conformarsi integralmente al dettato normativo” con un “rischio potenziale”,
però, per Airbnb “di aumento dei prezzi degli annunci e di conseguente perdita di quote di mercato”.

Stando alla verifica fiscale della Gdf, solo su alcuni host il colosso americano non dovrebbe applicare la cedolare secca: in particolare, per “i canoni incassati per soggiorni superiori ai 30 giorni”, per gli importi relativi a locatori titolari di partita Iva “per soggiorni inferiori ai 30 giorni” e, infine, sui canoni degli host con più di 4 appartamenti, ma solo per l’anno 2021.

“Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda”, fa sapere la società in una nota.

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