giovedì, 14 Novembre 2024

Astoi, Ezhaya: va bene i ristori, ma adessio il turismo vuole ripartire

Il quadro pandemico che non migliora, la crisi di Governo con i relativi stop alle trattative in corso e una strada per la ripresa che appare lunga e contorta. Tempi duri per le imprese del turismo ma nessuna resa, come racconta Pier Ezhaya, presidente di Astoi, in un’intervista a T&A Adv Training.

“Insieme alle altre associazioni – dice Ezhaya – siamo riusciti a costituire un fondo per tour operator ed agenzie di viaggio e ad ottenere 625 milioni di euro per il periodo marzo-luglio 2020 che sono entrati nelle casse di quasi tutte le aziende. Al momento sono circa 1273 quelle che, per motivi tecnici e burocratici, non sono riusciti ad ottenerli ma per le quali si sta lavorando, di concerto con il ministero per sbloccare la situazione. Entro le prossime due settimane dovranno attivare, la richiesta di attivazione certificato sul sistema durconline dell’Inps per consentire, in caso di nuovo riscontro di regolarità, il pagamento dei relativi contributi”.

Discorso aperto, invece, è sul periodo agosto-dicembre: “Secondo i nostri dati il danno è stato di circa 7 miliardi di euro per i quali abbiamo richiesto allo Stato circa 700 milioni di euro a fronte di un fondo di 100 previsto dalla legge di bilancio, che sono dal nostro punto di vista totalmente insufficienti rispetto alla perdita subita”.

Una partita che si gioca su più tavoli, perché, come sottolinea il presidente “gli aiuti statali sono fondamentali in questo momento” ma le aziende turistiche vogliono “tornare a lavorare” compatibilmente con il rispetto delle regole: “La sensazione – prosegue Ezhaya – è che ci siamo scontrati con una sorta di ‘no ideologico’ che ha bloccato qualsiasi richiesta del turismo organizzato. Abbiamo studiato un protocollo condiviso, sulla scia del modello crociere, che potesse consentire gli spostamenti attraverso un monitoraggio costante della clientela, come hanno fatto altri paesi ma abbiamo ricevuto un responso negativo dal Ministero della Salute. Altri paesi hanno già adoperato un modello simile, il rischio è di rimanere tagliati fuori”.

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