Con opportune misure di rilancio il turismo, da qui al 2020, potrebbe creare 500 mila nuovi posti di lavoro e fino a 30 miliardi di incremento del Pil. Sono questi gli obiettivi che si propone il Piano strategico del Turismo che verrà discusso oggi in consiglio dei ministri, dopo mesi di elaborazioni e confronti con le categorie produttive, gli imprenditori e le Regioni.
E a quanto pare, sarebbe proprio un scontro con queste ultime ad aver ritardato il suo arrivo in consiglio dei ministri: il ministro del Turismo, Piero Gnudi, avrebbe infatti voluto, nel documento, indicare azioni che andassero nella linea di una revisione del Titolo V della Costituzione, con il turismo materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, mentre oggi il settore è di competenza esclusiva di queste ultime. L'ipotesi – sempre da quanto si è appreso – avrebbe però mandato su tutte le furie il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, e nel documento questa parte non avrebbe trovato più spazio. Come non ha trovato seguito l'ipotesi, caldeggiata dal Pd, di tramutare l'Enit in una società per azioni che, in una elaborazione originaria del Piano strategico, doveva anche puntare alla commercializzazione (e non solo alla promozione come oggi).
Soddisfatto comunque il coordinatore degli assessori regionali al Turismo, Mauro Di Dalmazio, per l'arrivo in Cdm del Piano strategico: "il prossimo Governo – osserva – avrà in mano un provvedimento che riguarda il futuro del turismo. Le Regioni hanno presentato delle osservazioni, auspico che siano state recepite, solo a quel punto si può parlare di un documento condiviso, altrimenti sarebbe solo un piano unilaterale".
Il documento – elaborato dagli esperti di Boston Consulting Group – individua 7 linee di intervento e riconduce a queste linee 61 azioni, realizzabili in tempi compresi tra i 3 mesi e i 5 anni e che riguardano, tra l'altro, il miglioramento dell'offerta, della ricettività, dei trasporti e delle infrastrutture, formazione e competenze, investimenti.