“L’enoturismo nelle Langhe, e in generale tra i filari piemontesi, vola ma vanno riscritte le regole per gli acquisti in cantina. Si parla tanto di turismo esperienziale ma se un enoappassionato straniero vuol ripartire con sei bottiglie di Barolo come souvenir non può farlo. Non si tratta di scavalcare gli importatori, ma di innovare secondo buon senso”. A chiederlo Vittorio Monchiero, patron dell’azienda vinicola di famiglia e agriturismo con 11 ettari a Castiglione Falletto, in un incontro stampa durante ‘Nebbiolo nel cuore’ nel fine settimana a Roma.
Monchiero ha espresso apprezzamento per il nuovo corso del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani sia per lo stop di tre anni ai nuovi impianti sia per le attività di promozione all’estero nel 2020.
“Con 250 sottozone negli 11 comuni del Barolo ci siamo complicati un po’ la vita – ha ammesso – ma ne valeva la pena. Faccio parte del Consorzio e ritengo che lo stop a nuovi impianti necessario perché si era corso troppo. La produzione di Barolo è aumentata con la riclassificazione di tutti i vitigni, ma finché c’è un quantitativo di invenduto delle ultime tre annate, tutte abbondanti, non è possibile espiantare un noccioleto e un bosco per avviare la produzione di Barolo”.
Sulla promozione “il Consorzio si è risvegliato. Il primo appuntamento a New York, la 1^ edizione del Barolo & Barbaresco World Opening con i vini di 220 produttori, è un investimento erga omnes. Cerchiamo di camminare con le nostre gambe e dimostriamo che i grandi rossi piemontesi fanno squadra. Ora le risorse ci sono, anche chi produce uve concorre, cerchiamo di far conoscere il Barolo nel mondo”.