Nuova normativa sull’ospitalità, gli obblighi che penalizzano le microimprese


L’onda lunga della nuova legge regionale sul turismo (n. 6 del 25 febbraio 2025) e del decreto attuativo pubblicato il 4 luglio scorso non si ferma alle porte degli uffici tecnici: arriva direttamente nelle camere dei B&B, negli appartamenti delle case per vacanze, nelle unità dei piccoli operatori che da anni animano il tessuto turistico della Sicilia con passione, professionalità e risorse limitate.

E proprio da qui, dal cuore pulsante del turismo diffuso e familiare, arriva una netta presa di posizione: ABBETNEA l’Associazione dei Piccoli Albergatori della provincia di Catania, annuncia l’invio di una formale contestazione ai vertici della Regione Siciliana, con l’intento di fermare una deriva normativa che rischia di soffocare la micro-imprenditorialità turistica sotto il peso di obblighi sproporzionati, burocrazia eccessiva e invasione di competenze statali.

A parlare è il Presidente Franz Cannizzo, in prima linea a difesa di oltre 4.000 realtà ricettive nella sola città di Catania,tra Bed & Breakfast, affittacamere, case per vacanze e piccole strutture extralberghiere.

“Non siamo qui per opporci al progresso – dichiara Cannizzo – ma per salvare un modello di turismo autentico, accessibile e sostenibile, che rischia di essere cancellato da una normativa che non conosce la realtà del territorio. La Regione ha varcato il confine della competenza, uniformato impropriamente realtà diverse e imposto obblighi che non hanno nulla a che fare con la sicurezza o la qualità del servizio, ma tutto con la burocrazia e il controllo. È ora di dire basta.”

  1. Una normativa che invade il campo dello Stato
    Il primo motivo della contestazione è di ordine costituzionale. La legge regionale, nell’articolo 35, estende la disciplina delle locazioni turistiche – materia esclusiva dello Stato regolata dal Codice Civile e dal Decreto Legge 145/2023 – a un regime amministrativo ricettivo, imponendo a chi affitta casa per turismo di presentare una SCIA, esporre il CIN, comunicare i dati giornalmente e rispettare requisiti tecnici da albergo.

“La locazione breve è un contratto civile – spiega Cannizzo – non un’attività imprenditoriale. Pretendere che un privato che affitta casa per 60 giorni all’anno debba rispettare gli stessi obblighi di un albergo è irragionevole, sproporzionato e incostituzionale. La Regione non può fare le leggi al posto dello Stato.”

  1. Requisiti tecnici sproporzionati: da dove nascono?
    La norma impone obblighi tecnici mai visti prima:

Materassi ignifughi da 22 cm di spessore;

TV da 32 pollici;

Lavabi con acqua calda e fredda in camere senza bagno;

Abbattimento delle barriere architettoniche anche per singole unità private.

“Dove sono scritti questi requisiti? – si chiede Cannizzo – Non nel D.M. 236/1989, non nel Codice della Sicurezza, non nella normativa nazionale. Sono invenzioni burocratiche che non migliorano la sicurezza, ma aumentano i costi. Un piccolo B&B a Taormina o a Randazzo non può permettersi di spendere migliaia di euro per una TV o un lavabo aggiuntivo. E se l’immobile è in un palazzo storico, come si fa ad abbattere le barriere? Con un elicottero?”

  1. L’obbligo di chiusura per 90 giorni: una violazione della libertà di impresa
    Forse il colpo più duro è l’obbligo di chiusura annuale per almeno 90 giorni, introdotto di fatto dal decreto attuativo. Una norma che viola l’articolo 41 della Costituzione, che tutela la libertà di impresa.

“Un albergatore deve poter scegliere quando aprire e quando chiudere – prosegue Cannizzo – in base alla domanda del mercato. Se a dicembre c’è un evento a Catania, perché dovrei chiudere per forza? Se a giugno voglio fare manutenzione, perché non posso farla in 30 giorni invece che 90? Questa norma non tutela il turista: tutela la burocrazia.”

  1. La fine della SCIA cumulativa: burocrazia a pagamento
    Fino a ieri, un gestore con 5 appartamenti poteva presentare una sola SCIA. Oggi, deve presentarne una per ogni unità, con un costo di 75 euro a pratica.

“Passiamo da 75 a 375 euro all’anno – denuncia Cannizzo – solo per adempimenti amministrativi. Per chi gestisce 10 unità, si arriva a 750 euro. È un balzello sul lavoro, un modo per disincentivare la professionalità e favorire chi opera in nero. È un paradosso: da una parte si dice ‘valorizziamo il turismo’, dall’altra si colpiscono chi lo fa bene.”

  1. Superfici minime e posti letto: retroattività senza senso
    La norma fissa nuove superfici minime:

28 mq per monolocali;

38 mq per due persone;

+6 mq per ogni posto letto aggiuntivo;

Divieto di posti letto nei soggiorni.

“Molti dei nostri associati hanno investito anni fa, in base ai decreti del 2018 e 2021 – ricorda Cannizzo – e oggi si ritrovano fuorilegge perché un monolocale da 26 mq non è più conforme. Non c’è un periodo transitorio, non ci sono deroghe per gli edifici storici. È una riforma retroattiva che cancella il diritto acquisito.”

  1. Il silenzio dei Comuni e la mancanza di chiarezza
    A tutto questo si aggiunge il caos operativo: molti sportelli unici Comunali non sono ancora attrezzati per ricevere le comunicazioni delle locazioni turistiche non imprenditoriali. Gli operatori si presentano con la documentazione e vengono respinti.

“La Regione fa le leggi – conclude Cannizzo – ma non si assicura che i comuni possano applicarle. È un esercizio di potere senza responsabilità. Noi chiediamo un tavolo tecnico urgente, con Assessorato, comuni, forze dell’ordine e associazioni di categoria. Non vogliamo la deregulation, ma una regolamentazione intelligente, che non punisca chi lavora onestamente.”

ABBETNEA chiede dunque:
Sospensione del decreto attuativo in attesa di verifica di legittimità costituzionale;

Revisione delle norme su chiusura obbligatoria, SCIA cumulativa, requisiti tecnici e superfici minime;

Differenziazione netta tra strutture imprenditoriali e locazioni private;

Introduzione di deroghe per edifici storici e vincolati;

Incentivi per l’accessibilità e la sostenibilità, non sanzioni.

“La Sicilia ha bisogno di turismo – conclude Cannizzo – ma di un turismo che rispetti le persone, i territori e le imprese. Non di una gogna amministrativa. Noi siamo pronti al dialogo. Ma se non ci ascoltano, andremo avanti con tutti gli strumenti a disposizione, fino al ricorso alla Corte Costituzionale.”

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