Un’unica azienda centrale, probabilmente una Spa, che debba rendere conto a un consiglio di amministrazione e non alla burocrazia, che selezioni ed effettui gli investimenti, e che operi sulla base di un Piano industriale. Questo, in sintesi, il fulcro di una riforma portuale che non casualmente nasce da Palermo e dal presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale, Pasqualino Monti, che in occasione della quinta edizione del convegno “Noi, il Mediterraneo”, ha lanciato una formula del tutto innovativa di approccio alle necessità, ormai cogenti, di cambiamento del sistema portuale.
La formula, sulla quale – come evidenziato dall’intervento del viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi – sembra convergere il consenso del governo, prevede che le singole Autorità di Sistema portuale restino enti pubblici “economici “sotto pieno controllo pubblico, ma che in grande parte diventino esecutori di indicazioni precise di priorità negli investimenti e nel marketing internazionale che diventeranno compito primario dell’Azienda centrale dei porti.
Nel corso del convegno di Palermo si è parlato, quindi, una società per azioni, a controllo pubblico, in grado di attrarre investitori privati su un piano industriale, ma anche capace di sfruttare le occasioni di investimento e consulenza nel mondo. In quest’ ottica, la Sicilia ha svolto in questi cinque anni, il ruolo di “avamposto” in un Paese che – ha sottolineato Monti – “non ha un problema di carenza di finanza”, ma ha un enorme problema, specie nei porti e nelle infrastrutture di trasporti, di “carenze della burocrazia “. Carenze che rendono impossibile lo sfruttamento del più grande asset del sistema Paese, ovvero il demanio marittimo “di cui – ha detto Monti – paradossalmente non si conosce il valore” e che garantiscono, invece, la dispersione di risorse su “porti che sono già chiusi”.
“L’Italia può contare su grandi imprenditori dello shipping che tutti ci invidiano, autentici campioni mondiali del settore. Il nostro dovere è quello di coadiuvarli nella direzione degli interessi del Paese”, ha aggiunto Rixi condividendo con Monti la proposta “di un soggetto centrale che gestisca i cambiamenti e sia in condizione di selezionare gli investimenti, di dare risposte rapide al mercato e di gestire i processi. Un sistema che passi attraverso interventi concreti sulle storture determinate da una deresponsabilizzazione della burocrazia e dall’incapacità di assumere scelte. Inoltre – ha concluso Rixi – bisogna tornare a retribuite i manager preposti a questi processi secondo una logica di mercato”.