La pesca tradizionale di Selinunte diventa Presidio Slow Food

Marinella di Selinunte, frazione del comune di Castelvetrano, è un borgo di pescatori: lo è dalla metà dell’Ottocento, quando qui cominciò a stanziarsi chi, proveniente da località come Cefalù, Porticello, Balestrate e Castellammare del Golfo, aveva scoperto che nelle acque antistanti a questa porzione di costa siciliana si pescava abbondantemente. Un lavoro che si è fatto tradizione, un mestiere duro e faticoso, tramandato di generazione in generazione, che oggi ottiene un riconoscimento importante: nasce, infatti, il Presidio Slow Food della pesca tradizionale del Golfo di Selinunte.

“Questo Presidio Slow Food non tutela esclusivamente le sardine, che vivono abbondanti nelle acque di fronte a Marina di Selinunte, o altre specie ittiche: tutela il modo di lavorare dei pescatori” spiega Serafina Di Rosa, portavoce della Comunità Slow Food per la valorizzazione dell’Alto Belice e referente dei nove pescatori che, già oggi, aderiscono al rigido disciplinare che ne regola l’attività.

Un lavoro che ancora oggi viene svolto in modo artigianale, intendendo con questo non solo, ovviamente, che non si pesca a strascico, che il pesce non viene abbattuto e che non viene conservato in frigorifero, ma proprio che l’intera attività viene portata avanti come un secolo e mezzo fa: “Calando le reti a mano, pulendole dalle alghe, tolte una per una sul molo, vendendo il pescato della notte con un’asta mattutina aperta a tutti, un momento che d’estate richiama anche molti turisti ma che i pescatori fanno indipendentemente dal fatto che i potenziali acquirenti siano tre o trecento”.

 

La sardina, in un certo senso, di Selinunte è la regina: «Tradizionalmente arriva nel Golfo di Selinunte intorno alla metà di marzo – una ricorrenza che viene celebrata con un timballo di bucatini, verdure primaverili e sardine fresche, la pasta a tianu di San Giuseppe, chiamata così in onore del santo che si celebra il 19 del mese – e vi rimane fino a fine agosto o inizio settembre» aggiunge la portavoce. Ma di certo la sardina non rappresenta l’unica risorsa, ci sono gli sgombri in primavera, la seppia anche in estate, il dentice e la mazzancolla tra l’estate e l’autunno, a seguire la spigola, la sogliola e l’orata, la lampuga.

Se un tempo la marineria di Selinunte era florida, oggi non lo è più altrettanto: il lavoro continua a essere duro, ma meno redditizio di un tempo. Le imbarcazioni sono piccole, le quantità di pescato non sono abbondanti, e il rischio che un modo di pescare decisamente più sostenibile di molti altri scompaia c’è. Ecco perché Slow Food ha deciso di presidiarlo.

 

(PH @OliverMigliore)

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