Affitti brevi, Cgil Venezia: 26% privilegia rendita al lavoro
23 Ottobre 2025, 11:00
“La fiscalità privilegia la rendita al lavoro, e Venezia ne paga le ovvie conseguenze in termini di demografia e di qualità dell’occupazione. La priorità deve essere quella di restituire le case, a prezzi accessibili, a lavoratrici, lavoratori, pensionate, pensionati e studenti. Altrimenti, il turismo continuerà ad estrarre risorse senza la possibilità di restituirle al territorio”. Lo dice Daniele Giordano, segretario generale Cgil Venezia dell’innalzamento che fa discutere della cedolare secca al 26% anche per chi mette una singola casa in locazione turistica.
“A Venezia, il canone mensile medio per un affitto residenziale nel 2024 era di 11.500 euro, un aumento di più dell’11% rispetto ai 10.000 euro all’anno del 2018 (fonte: Agenzia delle Entrate). Delle cifre enormi, ma non così enormi se confrontante con le rendite degli Airbnb, che vanno dai 20.000 euro ai 36.000 euro all’anno a seconda della frequenza di affitto (fonte: insideairbnb.it frequently booked/entire apartment).
La proporzione dei contratti nel capoluogo, per quanto riguarda gli alloggi interi, è molto chiara: 6442 sono gli appartamenti su Airbnb, 3212 i contratti transitori, 2234 i contratti a canone concordato, 1570 i contratti ordinari, 1302 i contratti agevolati per studenti. Un numero enorme di locazioni brevi rispetto ai nuovi contratti” spiega la nota di Cgil Venezia.
“Se un lavoratore guadagna 36.000 euro lordi all’anno, paga un’Irpef lorda attorno ai 10.000 euro, comprensiva di più di 250 euro di addizionale comunale e più di 400 euro di addizionale regionale, a cui vanno tolte le detrazioni. Un Airbnb con una rendita di 36.000 euro all’anno, paga attualmente 7560 euro, senza addizionale comunale e regionale – sottolinea Giordano – Il Sindaco – prosegue – si affretta a rassicurare i proprietari di immobili nel mercato delle locazioni brevi. Non rassicura le cittadine e i cittadini che non possono vivere di rendita, condannati a contratti sempre più precari e al rischio di povertà, dovuto anche ai costi del mercato immobiliare”.