Blackout a Heathrow di marzo, ma il ceo dormiva


Spuntano nuove rivelazioni imbarazzanti dietro la vicenda del blackout che il 21 marzo ha paralizzato per ben 18 ore l’aeroporto londinese di Heathrow, principale scalo britannico ed europeo: bloccando centinaia di migliaia di passeggeri e gettando nel caos il traffico aereo internazionale in seguito a un incendio nella sottostazione elettrica di North Hyde.

Da un’inchiesta è emerso che l’amministratore delegato della società di gestione dell’aeroporto, Thomas Woldbye, non poté essere contattato nel momento di massima emergenza in cui fu deciso di chiudere la struttura a tutti i voli per controverse ragioni cautelari di sicurezza: poiché dormiva e, malgrado alcuni tentativi, non si riuscì a svegliarlo.

Autorizzata alla fine dal suo numero due, il chief operating officer Javier Echave, all’1.15 del mattino ora locale. Il rapporto non raccomanda per ora sanzioni, anche se Woldbye è stato già al centro di richieste di dimissioni fin dai giorni immediatamente successivi ai fatti, sullo sfondo delle accese polemiche scatenatesi su quello che è stato definito “un incidente annunciato”: in ragione delle presunte lacune dell’aeroporto sul fronte della segmentazione degli impianti di alimentazione elettrica e della prontezza di risposta del sistema di backup in emergenza.

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