Alitalia è “strategica” e l’Italia ha bisogno di riavere la propria “compagnia di bandiera”. Dopo le misure inserite del decreto ‘Cura Italia’, è la ministra delle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli a confermare l’intenzione del Governo di percorrere la strada della nazionalizzazione per salvare la compagnia da quasi tre anni in amministrazione straordinaria. “Questa esperienza ci insegna che il vettore nazionale è strategico per il destino del nostro Paese sotto tanti punti di vista. Questa esperienza ci confermerà che noi abbiamo bisogno della nostra compagnia di bandiera”, spiega la ministra elogiando in particolare il ruolo svolto dall’aviolinea nel favorire il rientro degli italiani dall’estero: “Alitalia si sta applicando con una dedizione da compagnia di bandiera”.
E nonostante le voci su un braccio di ferro nella maggioranza sull’ennesima iniezione di denaro pubblico a favore dell’aviolinea, l’Europa, che vara un nuovo schema per gli aiuti di Stato, si dice pronta a discutere con Roma un aiuto specifico. Per la Commissione Ue, che è in prima linea per correre in soccorso al settore dell’aviazione, “serve un’azione urgente” e si dice pronta a lavorare con gli Stati immediatamente per cercare soluzioni, utilizzando “la piena flessibilità degli aiuti di Stato”.
Il ‘piano B’ per l’Alitalia si è reso necessario dopo che l’emergenza coronavirus ha di fatto stravolto lo scenario in cui era stata pensata la nuova procedura di vendita avviata dal commissario Giuseppe Leogrande. La verifica si avrà oggi, quando scade il termine per le manifestazioni di interesse, ma c’è il rischio concreto che la gara vada deserta.
Per questo già nell’ultimo decreto è stata prevista la costituzione di una newco pubblica oltre alla creazione di un fondo da 500 milioni (e non 600 mln come era stato comunicato in precedenza) per quest’anno per aiutare la compagnia e il settore.
Soluzione cui guardano con favore, ma cauti in attesa di maggiori certezze, i sindacati, che intanto hanno avviato con l’azienda il confronto sulla richiesta di nuova cigs per 3.960 dipendenti (2.785 solo per il coronavirus): trattativa che parte in salita con l’indisponibilità dei sindacati a raggiungere un accordo su questi numeri (che peraltro l’azienda non ha escluso che possano aumentare) e senza certezze su aspetti chiave, dal rifinanziamento del Fondo di solidarietà del settore allo sblocco dei decreti attuativi per pagare le cigs da settembre a dicembre scorsi.