Mancato versamento dell’imposta di soggiorno, peculato e art. 180 del Decreto Rilancio: la riforma ha comportato una “abolitio criminis”?
Il tema che oggi affrontiamo, grazie al prezioso contributo di Saverio Panzica, esperto di legislazione turistica, riguarda l’imposta di soggiorno dopo l’entrata in vigore dell’art. 180 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto rilancio), che riportiamo in sintesi: «1-ter.Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno …omissis… con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo, secondo le modalità approvate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto. Per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.».
Dalla lettura del dispositivo normativo citato, che ha novellato la disciplina sull’imposta di soggiorno, risulta che il mancato versamento dell’imposta di soggiorno, da parte dei gestori delle strutture ricettive, viene punita, almeno sembrerebbe, con una mera sanzione amministrativa.
Ma nella realtà la predetta novella normativa ha evidenziato due differenti orientamenti giurisprudenziali:
- Il primo orientamento ricalca quanto affermato dalla Cassazione “non è configurabile il delitto di peculato nella condotta del gestore della struttura ricettiva che ometta di versare al Comune le somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno».
Quanto alle conseguenza della novella in relazione alle condotte antecedenti in mancanza di norme di diritto intertemporale – prosegue la Corte – «siamo in presenza di una modifica delle attribuzioni di un soggetto (il titolare della struttura ricettivo – alberghiera) che opera solamente dall’entrata in vigore della novella e non per il passato». Sul piano dogmatico – si legge nel provvedimento – «si è al cospetto di una successione nel tempo di norme extrapenali in cui, per i fatti anteriori alla novella legislativa, è rimasto inalterato non solo il precetto (art. 314 cod. pen.), ma anche la qualifica soggettiva (art. 358 cod. pen.) la cui sussistenza è richiesta ai fini della punibilità a titolo di peculato»; ne deriva che «si deve escludere che la modifica del quadro di riferimento normativo di natura extra penale che regola il versamento dell’imposta di soggiorno abbia comportato un fenomeno di abolitio criminis, poiché tale effetto si determina solo quando la modifica abbia riguardato norme realmente integratrici della legge penale, come quelle di riempimento di norme penali in bianco o le norme definitorie, ma non anche le norme richiamate da elementi normativi della fattispecie penale, nessuna di tali tra loro differenti situazioni essendosi, peraltro, determinata nella vicenda normativa in esame». In conclusione, «deve ribadirsi la rilevanza penale a titolo di peculato delle condotte, tra cui quella ascritta alla ricorrente, commesse in epoca anteriore alla novatio legis di cui all’art. 180, comma 4 del d. I. n. 34 del 19 maggio 2020 convertito nella legge n. 77 del 20 luglio 2020».
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- Il secondo orientamento riguarda la posizione del Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, 10 novembre 2020 (ud. 2 novembre 2020), n. 1520 Giudice Dott. Bruno Azzolini. Il Tribunale di Roma si è pronunciato sul tema della configurabilità del delitto di peculatonel caso di omesso versamento dell’imposta di soggiorno a seguito dell’entrata in vigore dell’ 180 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto rilancio). In particolare, il Tribunale di Roma, ponendosi in consapevole contrasto con quanto affermato dalla Cassazione, ha osservato come «la circostanza che la nuova disciplina non abbia modificato né la fattispecie penale né la norma integratrice non consenta, tuttavia, di affermare tout court che non vi sia stata abolitio criminis, dovendosi verificare se l’intervento legislativo posteriore abbia inciso sugli elementi costitutivi del fatto tipico». Attraverso un confronto delle situazioni di fatto antecedenti e successive all’intervento legislativo, l’affermazione secondo cui la struttura del reato in tutte le sue componenti non sarebbe stata alterata non è stata ritenuta convincente, apparendo «paradossale ritenere che una norma che incide sulla qualifica dell’albergatore, ora definito esplicitamente responsabile e quindi sostituto di imposta, non sia da considerare norma posteriore che priva di rilevanza penale la fattispecie». Il legislatore – si legge nella pronuncia – «è intervenuto sulla situazione di fatto, specifica, del gestore della struttura ricettiva che omette di versare le somme dovute dai clienti per il soggiorno a titolo di imposta o contributo, statuendo che quella condotta non è più reato, ma è punita con una sanzione amministrative: non può dubitarsi che abbia compiuto una valutazione “politica”, privando di rilevanza penale la fattispecie»; l’esplicita previsione di una sanzione amministrativa senza riserve di applicazione della legge penale – conclude il Giudice – «non lascia dubbi sulla volontà di prendere atto della gravissima situazione del settore alberghiero (che perdura da anni), portata più di recente al collasso dalla emergenza sanitaria, e prevedere, di conseguenza, una disciplina di minor rigore nei confronti dei soggetti esposti al rischio di sanzione penale in ragione del ruolo di agenti riscossori, senza alcuna contropartita». Del resto – conclude il Giudice – «ritenere che la depenalizzazione operi solo per quei comportamenti successivi all’entrata in vigore del decreto legge 34/2020 sarebbe profondamente ingiusto in quanto introdurrebbe una disparità di trattamento tra situazioni identiche in evidente violazione di precetti di rango costituzionale». Sulla base di tali argomentazioni, il Tribunale ha pronunciato sentenza di proscioglimento nei confronti dell’imputato in relazione a condotte poste in essere tra il 2015 e il 2018 e, dunque, prima dell’entrata in vigore del decreto legge 34/2020.
“Alla luce dei sopra citati orientamenti giurisprudenziali riteniamo – sottolinea Saverio Panzica – importante evidenziare alcuni punti:
1) le indicazioni della nuova disciplina sull’imposta di soggiorno premiano o no i gestori che omettono di versare l’imposta di soggiorno pagata dagli ospiti a discapito di coloro che la versano regolarmente?
2) Il reato penale previsto per mancato o ritardato versamento vige, oppure no, e se vige quale deve essere l’arco temporale da considerare per il ritardato pagamento, perché se non viene indicato un periodo specifico non è possibile definire una netta demarcazione tra ritardo e omissione.
3) Il nuovo dispositivo normativo in questione ha cambiato il soggetto che deve rivalersi sul cliente che paga, infatti, dopo la pubblicazione dell’Articolo 180 del decreto rilancio, sarà il gestore che dovrà rivalersi sul cliente, in proposito il Ministero delle Finanze dovrebbe pubblicare una specifica disciplina. La nuova norma prevede il versamento dell’imposta di soggiorno, da parte dei gestori, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo. Ma che succede nelle more della pubblicazione delle disposizione del Ministero delle Finanze?”.