“Pagare la tassa di soggiorno con una percentuale sul conto e non più in base al numero di stelle dell’albergo”. Alla proposta del ministro Dario Franceschini, che ritiene il sistema delle stelle orami “datato e superato”, fa da contraltare quella di Franco Grasso, revenue manager, che propone il Premio di Soggiorno.
“Ho letto con attenzione l’idea del ministro di cambiare le modalità del pagamento della tassa di soggiorno, che passerebbe da una quota fissa ad una percentuale sul prezzo della camera. Questo, ‘ai tempi del revenue management’, sicuramente mi sembra più giusto e allineato al nuovo mercato, ma ritengo che siamo ancora molto lontani dalla best practice possibile. Sono sempre stato contrario alla tassa di soggiorno: chi fa revenue come noi sa che ad ogni aumento di prezzo dal prezzo ottimale (l’albergo non se ne avvantaggia ma per il cliente è comunque un peso) corrisponde una diminuzione dell’occupazione durante i mesi di bassa e media stagionalità, che determina un saldo negativo rispetto ai maggior introiti della tassa di soggiorno, mentre nell’alta occupazione influenza molto poco il prezzo di vendita. Insomma nei periodi di gran pieno potrebbe non influenzare, ma in tutti gli altri…
Ma insomma, è mai possibile che stiamo sempre a guardare quello che fanno tutti e copiamo?
È questo che mi ha portato e riscrivere le regole della tariffazione alberghiera ed è questo che mi spinge a lottare contro la tassa di soggiorno di cui non vedo alcun beneficio. Cosa succederebbe se propagandassimo il nostro Paese come l’unico senza tasse di soggiorno? E soprattutto perché non immaginare un premio di soggiorno?
Ogni singolo turista internazionale porta denaro in abbondanza nelle casse del nostro Paese e noi dobbiamo accogliere e non raccogliere. Un premio: perché no? La stessa percentuale che ora devono necessariamente pagare potrebbe diventare un premio da poter spendere in un prossimo soggiorno, una sorta di voucher al portatore che promuova il nostro Paese e catturi quei 50 milioni di arrivi che ci mancano per poter essere un Paese allineato alle sue normali potenzialità.
Ma insomma siamo o no il Paese creativo e magico che tutti dicono? Un po’ di coraggio e scombiniamo queste regole che nell’era di internet e del revenue management non hanno più senso”.