Alpitour cresce sfiorando i 2 miliardi di ricavi nel 2019 e conta di continuare su questa strada nel 2020. Il gruppo italiano del turismo al momento non risente dell’impatto del coronavirus ma teme l’effetto psicosi sui viaggi per il futuro. “Il virus cinese non sappiamo quanto durerà ma il problema sarà la psicosi: quella non la vinci con sconti e promozioni”, dice il presidente e amministratore delegato di Alpitour, Gabriele Burgio, che per ora non vede grandi “problemi”. Ma “se il coronavirus continuasse, potrebbe causare problemi nel futuro a livello di psicosi nel viaggiare, nell’andare in aeroporto provocando incertezza”.
Per Alpitour, che trasporta circa 85 mila passeggeri cinesi all’anno, con quattro voli a settimana, al momento “ci sono delle difficoltà oggettive a causa della sospensione temporanea dei voli”, ma il manager è ottimista sul fatto di riuscire a “ricollocare gli aerei su altri clienti”. Quanto alle prenotazioni negli alberghi di lusso di Alpitour, che ospitano molti cinesi, “ancora non notiamo effetti”.
Il gruppo è concentrato sul suo sviluppo, forte dei risultati raggiunti lo scorso anno, con una crescita del 18,5% dei ricavi (1,99 miliardi contro 1,68 nel 2018), un utile di 38 milioni e un Ebitda passato da 60 a 70,5 milioni. “Il 2020 è partito positivamente – aggiunge il numero uno di Alpitour – e pensiamo di poter fare meglio dell’anno scorso”.
Il primo motore dell’azienda resta il tour operating, che supera 1,36 miliardi di ricavi (+21,5%), ma i risultati dipendono “in gran parte dagli investimenti sugli aerei”, accanto ai nuovi alberghi aperti e agli investimenti sulla parte tecnologica.
Neos, la compagnia aerea del gruppo, arriva a toccare 465 milioni di euro con una flotta di 12 aeroplani e 1,77 milioni di passeggeri, mentre la catena alberghiera Voihotels, che conta 17 strutture, chiude il 2019 superando i 107 milioni di euro (+15%).
Quanto a una possibile quotazione in Borsa, l’ipotesi è rimandata: “non è in agenda in questo momento ma tornerà perché i nostri numeri sono solidi”, afferma Burgio, spiegando che il crac del tour operator britannico Thomas Cook “ha creato un po’ di scompiglio nel concetto di tour operator e ha raffreddato l’interesse dei possibili investitori istituzionali”. Alpitour non ha in programma neanche nuove acquisizioni perché il 2019 con l’acquisto di Eden Viaggi “è stato un anno intenso” e adesso ci “concentriamo” sulla crescita organica.