venerdì, 29 Marzo 2024

Gli affitti brevi e le 4 grandi bugie della sharing economy

Dopo la sentenza della Corte di Giustizia Ue che ha rigettato la tesi di Airbnb, Federalberghi basandosi sui elaborazioni Incipit consulting e Centro Studi Federalberghi su dati Inside Airbnb rende noti alcuni dati.

Innanzitutto, le bugie della sharing economy. Ad agosto 2022, gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305. L’analisi dei dati, conferma, ancora una volta, le quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy:

– non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. Più di tre quarti degli annunci (l’81% si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.

– non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Quasi due terzi degli annunci (il 64,9%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 6.000.

– non è vero che si tratta di attività occasionali. Più della metà degli annunci (il 57,8%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.

– non è vero che le locazioni brevi tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

 

La grande invasione

Ciascun alloggio in vendita su Airbnb è stato indicato sulla mappa con un punto rosso; il risultato è una grande macchia, che ha invaso le grandi località turistiche, i capoluoghi, le coste, etc.

Il comune con più alloggi disponibili su Airbnb è Roma, con 23.899 annunci, seguito da Milano (18.416), Firenze (10.576), Venezia (7.677), Napoli (7.313) e Palermo (5.561).

La regione con più alloggi disponibili su Airbnb è la Toscana, con 59.058 annunci, seguita da Sicilia (56.099), Lombardia (44.460) e Puglia (41.573).

 

I precedenti in tribunale

Le pretese di Airbnb sono state respinte una prima volta dal TAR del Lazio, con sentenza del 18 febbraio 2019.

Nell’ambito del medesimo procedimento, ulteriori istanze di Airbnb sono state respinte dal TAR del Lazio il 25 settembre 2017 e il 18 ottobre 2017, dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2018, dal TAR del Lazio il 9 luglio 2018 e il 18 febbraio 2019, dalla Corte di Giustizia Europea il 30 giugno 2020. Nel luglio 2018, il Tribunale Amministrativo ha anche condannato il portale al pagamento delle spese, in favore di Federalberghi e dell’Agenzia delle Entrate.

 

Le imposte evase e le sanzioni

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Airbnb in tribunale, le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro. Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto a dismisura, si può stimare che nei sei anni di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia riscosso circa 7,5 miliardi di euro e abbia omesso di trattenere e versare al fisco italiano oltre 1,5 miliardi di euro. Senza dimenticare che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli intermediari sono sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017. Le sanzioni applicabili possono arrivare al 140% delle ritenute non effettuate, di cui il 20% per non aver effettuato la ritenuta e il 120% per omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.

 

Il bilancio di Airbnb Italy srl

L’ultimo bilancio pubblicato di Airbnb Italy srl evidenzia imposte pagate in Italia per l’anno 2021 per circa un milione di euro. Nello stesso anno, le somme incassate dal gruppo Airbnb a titolo di commissioni sugli affitti incassati nel nostro Paese possono essere stimate in oltre 180 milioni di euro. In altri termini, il gruppo paga allo Stato italiano un’aliquota pari allo 0,5% dei ricavi realizzati in Italia.

Controversa e opaca anche la gestione dell’imposta di soggiorno. Airbnb si arroga il diritto di curarne la raccolta solo per i comuni che accettano di stipulare un accordo, facendosi beffe della legge che obbliga i portali ad effettuare sempre la riscossione. Di recente, l’assessorato al turismo di Roma Capitale ha contestato formalmente le modalità di erogazione del servizio, perché il portale si limita a versare delle somme indistinte, senza fornire la rendicontazione necessaria per accertare la congruità del versamento e per individuare i contribuenti e gli immobili quali il gettito si riferisce.

Inoltre, l’8 dicembre, la Commissione Europea ha proposto una serie di misure per modernizzare il sistema di riscossione dell’IVA e ridurre la possibilità di frodi. Una delle misure proposte mira ad eliminare la disparità di trattamento tra hotel e locazioni brevi, rendendo le piattaforme responsabili della riscossione dell’IVA dovuta qualora il gestore dell’alloggio non lo faccia (ad esempio perché è una persona fisica o un soggetto passivo che usufruisce di regimi speciali per le piccole imprese).

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