venerdì, 20 Dicembre 2024

Tassa Airbnb al rallenty, in primo anno raccolti solo 44 mila euro

Gli italiani che nel 2017 hanno fatto ricorso alla cedolare secca sugli affitti brevi, la cosiddetta ‘tassa Airbnb’, sono stati 7.200, per un ammontare di 44,4 milioni di euro, la metà degli incassi previsti. Il dato è contenuto nelle elaborazioni del Dipartimento delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi 2018, nelle quali è stata per la prima volta presa in considerazione l’agevolazione anti-sommerso introdotta dal governo Gentiloni con la manovra correttiva di metà anno.

Due anni fa l’esecutivo aveva previsto che nei sette mesi di applicazione del nuovo regime scattato il 1 giugno, gli incassi superassero gli 80 milioni, per salire ancora, abbondantemente sopra i 100 milioni, nell’intero 2018. Cifre lontane da quelle riportate ora nei dati delle dichiarazioni, seppur non del tutto confrontabili.

“Il flop non è della tassa, che funziona benissimo – scrive Federalberghi in una nota -. Purtroppo ha fatto flop l’autorevolezza dello Stato che, nonostante il pronunciamento della magistratura, consente ad Airbnb di farsi beffe delle leggi e di dimenticare di versare al fisco più di 250 milioni di euro. Il tutto mentre le piccole e medie imprese del turismo vengono tartassate con nuovi obblighi in materia di fatturazione elettronica, scontrino digitale e revisore dei conti obbligatorio”.

Confedilizia evita invece di correre alla conclusione di un flop della misura, spiegando che, malgrado le definizioni, i numeri del Dipartimento si riferiscono in realtà ai “soli contratti stipulati da comodatari e sublocatori, una nuova e residuale categoria di soggetti ammessa alla cedolare” nel 2017. Secondo l’associazione, con riferimento ai proprietari, i dati della cedolare nel suo complesso (senza distinguere le locazioni brevi dalle altre) confermano anzi “il grande successo di questo strumento, che registra nel 2017 un aumento dell’imponibile dell’8,1% per l’aliquota ordinaria e del 21,4% per l’aliquota ridotta”.

C’è da dire che, sin dalla sua nascita, la nuova norma ha scatenato un lungo contenzioso proprio tra Airbnb e lo Stato. Seppur con esiti ad oggi non favorevoli alla società, la battaglia legale ha disincentivato, se non del tutto bloccato nel caso del portale, l’adesione degli interessati al nuovo regime nella prima fase di attuazione.

 

 

 

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