Levata di scudi degli albergatori contro l'ipotesi che, nel decreto sulle Semplificazioni fiscali al quale il governo starebbe lavorando, possa essere attribuita a tutti i Comuni la possibilità di istituire l'imposta di soggiorno da applicare ai turisti. La novità, che potrebbe essere inserita nel testo del decreto che approderebbe venerdì prossimo al Consiglio dei Ministri, prevedrebbe che a decidere siano i sindaci e punterebbe a trasformare gli albergatori in sostituti d'imposta per questo tributo: in pratica dovrebbero incassare e riversare la nuova imposta.
La notizia è piombata come un macigno sugli operatori del mondo del turismo, che in questi giorni sono riuniti a Milano dove è in corso la Bit.
"Sbalordito e senza parole" si dichiara il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. "Da un lato – osserva Bocca – si parla di raddoppiare il Pil del turismo dal 10 al 18%, contestualmente si dà la possibilità a tutti i Comuni di applicare la tassa di soggiorno senza un regolamento nazionale che possa vincolare nella quantità e nella finalità del gettito ricavato della tassa e soprattutto dicendo che gli alberghi sono sostituti d'imposta, dunque responsabili nei confronti dell'erario. Non credo che questo sia un gesto propedeutico allo sviluppo del settore e all'ambizione di voler raddoppiare il Pil: certo non lo si raddoppia mettendo ulteriori tasse". Tutto questo avviene poi a fronte dell'entrata in vigore dell'Imu che per gli alberghi significa un incremento intorno al 50% delle tassazioni sugli immobili alberghieri.
"Non è vero, poi – conclude Bocca – che la tassa di soggiorno la paga il turista: un conto è introdurre una tassa da 1 euro, ma poiché i primi esempi di tassa introdotta in alcune città sono di 8 euro, gli alberghi, per non uscire dal mercato, sono costretti a includere la tassa nel prezzo di vendita e quindi ad assumersi questo onere".
Per il presidente di Federturismo-Confindustria, Renzo Iorio, membro del consiglio direttivo di Aica, l'Associazione italiana catene alberghiere, questa tassa di soggiorno, così come concepita, è iniqua perché colpisce solo gli alberghi e l'attrattività di una destinazione. "Abbiamo proposto – aggiunge – una sorta di city tax spalmata su tutte le imprese del turismo e abbiamo calcolato che lo stesso gettito si otterrebbe con l'1,1% di aliquota. Oggi, a Roma, la tassa di soggiorno incide sul 6-8% del prezzo di una camera d'albergo. Abbiamo già chiesto incontro urgente al ministro del Turismo Piero Gnudi – prosegue Iorio – per affrontare il tema, è importante che tutto il mondo dell'impresa sia cosciente dei rischi e prenda posizione. Se questi soldi servono, bisogna avere il coraggio di dire che devono pagarla tutte le imprese del turismo: dai ristoranti, ai musei, agli ostelli, ai bar; se si vuole lasciare la tassa di soggiorno serve una normativa chiara sul fatto che il gettito vada a salvaguardia territori e non a coprire buchi bilancio".
Contraria anche Confcommercio. "Siamo di fronte a un nuovo, macroscopico segnale di disattenzione che il settore del turismo riceve in una fase già pesantemente critica" afferma rilevando, inoltre, l'effetto negativo sul turismo dell'applicazione anche ai turisti stranieri del limite di 1.000 euro per pagamenti in contanti, "decisione che non ha uguali in tutta Europa". Critiche anche sulla soppressione della fonte più importante per il finanziamento del sistema dei 'buoni Vacanza' per le famiglie in difficoltà.