giovedì, 19 Dicembre 2024

Unwto: turismo ora soffre ma ripartirà

“La situazione non è ancora facile perché i Paesi stanno entrando in una seconda fase ma è vero che, grazie a Dio, i numeri sono migliorati in molti Paesi d’Europa per la ripresa del turismo domestico e di breve raggio. Ovviamente parliamo ancora di cali a due cifre e e ci vorrà del tempo per recuperare. Ma dobbiamo lavorare in questo senso con un atteggiamento positivo”. Lo ha detto Zurab Pololikashvili, il segretario generale dell’Unwto intervistato dall’Ansa che ha ribadito il momento di grave sofferenza del settore: in tutto il mondo, gli arrivi dei turisti internazionali sono crollati del 93% a giugno rispetto allo stesso mese del 2019. Nella prima metà del 2020 si è registrato un calo complessivo del 65% con una perdita di 440 milioni di arrivi internazionali e circa 460 miliardi di dollari di entrate. Una cifra pari a 5 volte la perdita registrata nella crisi del 2009. E il problema dell’occupazione è davvero lacerante: “Il turismo – sottolinea Pololikashvili – genera quasi l’11% dell’occupazione mondiale. Abbiamo stimato una perdita tra i 100 e i 120 milioni di posti di lavoro entro la fine dell’anno a livello globale”.

Della situazione europea parla invece il direttore Europa dell’agenzia, l’italiana Alessandra Priante, che proprio questi giorni festeggia un anno dall’inizio del suo incarico per l’Unwto: “La situazione è sicuramente molto pesante, nonostante il fatto che l’Europa sia l’unica regione del mondo ad avere avuto un certo miglioramento rispetto all’inizio del lockdown mondiale (dal -96% di maggio al – 90% di giugno), ma il risultato complessivo vede una diminuzione del 66% degli arrivi internazionali rispetto alla prima metà del 2020. A livello mondiale, stimiamo che – essendo tornati ai valori di 20 anni fa – ci vorranno dai 2 anni e mezzo ai 4 per riprenderci completamente”. Il problema centrale secondo la Priante è la mancanza di coordinamento per la riapertura dei confini. “Le aperture a singhiozzo e le chiusure improvvise – dice – hanno creato molti danni più che benefici perché spesso per le imprese i costi di riapertura e poi chiusura sono stati maggiori”.

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