venerdì, 22 Novembre 2024

A Palermo più turisti ma in pochi vanno nei musei

Crescono i turisti a Palermo ma diminuiscono i visitatori nei musei. Un dato che sembrerebbe un ossimoro e che è invece uno dei paradossi della città fotografato in uno studio di Maurizio Giambalvo e Simone Lucido, fondatori di “Next – Nuove Energie per il territorio”, finanziato dalla Fondazione Sicilia, la cui sintesi dal titolo “L’internazionalizzazione fragile. Driver e Pivot per lo sviluppo di Palermo” è stata pubblicata su Strumenti Res, la rivista scientifica della Fondazione RES.

Si scopre così che negli ultimi 15 anni Palermo ha assistito a un aumento, lieve ma costante, dei flussi turistici: gli arrivi in porti e aeroporti sono aumentati dal 2000 in poi del 10,25%, mentre le presenze in strutture ufficiali sono cresciute del 9,29% (a cui aggiungere le presenze in strutture informali).

Eppure nel periodo 2000-2014 i principali siti museali regionali hanno perso circa il 50% dei visitatori crollando da punte superiori alle 460 mila persone del 2001 fino ai 210 mila del 2014, cioè poco più di quante persone (circa 196 mila) avevano visitato nel 2000 il solo sito di San Giovanni degli Eremiti. Questo mentre in tutta Italia crescono i visitatori nei musei pubblici.

Secondo i due studiosi, la causa sta nel “debolissimo indicatore di attivazione” (pari al 10,2%) dei flussi turistici che colloca Palermo al 78° posto in Italia, sebbene su 112 città italiane il capoluogo siciliano risulti settimo per risorse culturali-naturali. In sostanza, non è capace di “convertire” il gran numero di visitatori in fruitori dell’offerta culturale.

Nel periodo analizzato nello studio tutti i musei hanno avuto un calo drastico delle presenze, eccetto la Cappella Palatina. Un’eccezione che spiega già alcune cause. La strutture di Palazzo dei Normanni, infatti, è tra “gli esempi virtuosi di una programmazione culturale efficiente”, segnalato anche da Federculture: è passata dai circa 200 mila visitatori del 2004 agli oltre 360 mila nel 2014 con un incremento dell’84% in un decennio mentre gli incassi della biglietteria nel 2013 hanno toccato i circa 2 milioni di euro per un incremento di oltre il 30% rispetto al 2012. In questo caso, oltre alla intrinseca capacità di attrazione e alla celebrità della Cappella Palatina ha probabilmente influito anche una riorganizzazione (tuttora in corso) dei servizi al pubblico (noleggio audio e video guide) e della comunicazione (produzione di materiali informativi cartacei plurilingue ecc.).

Altro esempio positivo è quello del Teatro Massimo che ha adottato che con l’apertura al pubblico e l’efficiente servizio di visite guidate (in 4 lingue oltre all’italiano: inglese, francese, spagnolo e tedesco), ha registrato una crescita di visitatori e incassi nel triennio 2012-2014 e “i dati relativi al 2015 mostrano che nei primi cinque mesi dell’anno l’incremento è stato ancora più marcato con un risultato di circa +40% di visitatori e + 55% di incassi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”, scrivono i due ricercatori.

Esempi non seguiti da altre strutture museali della città. “In alcuni casi – si legge nello studio – hanno certamente inciso nell’andamento dei flussi i periodi anche prolungati di chiusura per restauro che hanno coinvolto i siti più importanti: San Giovanni degli Eremiti, Palazzo Abatellis, chiusi entrambi nel corso del 2008 e riaperti tra la metà e la fine del 2009. Inoltre, non esiste una strategia di comunicazione complessiva e le informazioni sui beni visitabili sono poco aggiornate e difficilmente accessibili”.

Giambalvo e Lucido suggeriscono anche l’attivazione di “driver” in grado di dare nuovo impulso alla valorizzazione delle risorse culturali palermitane. Si tratta del circuito arabo-normanno riconosciuto dall’Unesco; di nuovi punti di riferimento legati alla cultura del contemporaneo come potrebbero essere la galleria d’Arte Contemporanea del Comune di Palermo (ZAC – Zisa Arte Contemporanea) e il Palazzo Branciforte della Fondazione Sicilia. Infine, il terzo driver potenziale è costituito dalle culture materiali: dai mercati storici all’Opera dei Pupi.

 

 

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