Da venerdì 9 ottobre a domenica 11 ottobre il carretto siciliano, mezzo tradizionale per il trasporto delle merci ed emblema di una Sicilia contadina e tradizionale, sarà protagonista di una tre giorni che si svolgerà al Museo Riso di Palermo, in collaborazione con l’Associazione culturale Zabara di Campobello di Licata: attraverso la “Rietina”, si parlerà del Carretto Siciliano tra storie, miti e leggende.
La Rietina, una delle manifestazioni tradizionali e folkloriche più importanti nel panorama regionale, è un importante raduno di carretti, la cui origine risale al 1739 e si svolge in diversi luoghi dell’Agrigentino. La più nota è a Campobello di Licata, dove anima una colorata sfilata che attraversa tutti i quartieri del paese. All’imponente raduno, che richiama ogni anno migliaia di visitatori, partecipano circa cento carretti addobbati e accompagnati da gruppi folkloristici che provengono da tutta la Sicilia. La manifestazione sarà inaugurata venerdì 9 ottobre alle ore 17, con l’apertura della mostra i “Santi protettori degli antichi mestieri” e sulla tradizionale sfilata di carretti siciliani (la Rietina) di Campobello di Licata, a cura dell’ Ecomuseo “I sentieri della memoria”.
“Il carretto, che rappresentava per i nostri contadini il principale mezzo di trasporto – sottolinea l’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – è un elemento fortemente identitario e rappresenta un unicum a livello internazionale fra tecnica costruttiva e ricerca estetica. Se fosse un prodotto della meccanica contemporanea ogni carretto mostrerebbe un design diverso in relazione alla zona di provenienza, all’artigiano che ne ha realizzato la struttura e all’artista che lo ha dipinto. Ed è per questo – precisa l’assessore Samonà – che come Governo regionale, insieme a Mimmo Targia, dirigente del Museo D’Aumale di Terrasini, e Luigi Biondo, direttore del Museo Riso, e con quanti ne custodiscono la tradizione, stiamo lavorando per avviare l’iter che porti al riconoscimento del Carretto Siciliano come patrimonio dell’Unesco. Un modo per mantenere viva la memoria del fare e consegnare alle generazioni future l’eredità del passato di una Sicilia tradizionale”.