Ieri, prima domenica di luglio è stata anche l’ultima domenica in cui musei e siti archeologici siciliani sono rimasti aperti. Da sabato 8 luglio cancelli chiusi nei festivi, nei prefestivi e di notte. Lo ha annunciato in una nota Sergio Tufano, residente della Sas, la società partecipata che con i suoi 1.900 dipendenti gestisce il servizio di custodia e vigilanza nei beni culturali, come riporta il Giornale di Sicilia. “La Finanziaria – si legge nella nota – ci ha tagliato i fondi per le turnazioni, mancano un milione e 800 mila euro. E per di più anche i finanziamenti previsti non sono mai arrivati. Così abbiamo anticipato noi per i primi sei mesi dell’anno circa 900 mila euro. Ora però siamo costretti a bloccare tutto”.
Eppure il direttore del dipartimento Beni culturali, Gaetano Pennino, si dice ottimista: “Stiamo studiando tante soluzioni. Credo che eviteremo la chiusura dei siti”. Anche se la soluzione principale che era stata messa sul tappeto dal governo quando si è prospettata la crisi di cassa è quella di aggiungere al budget circa 900 mila euro: era pronto un emendamento alla Finanziaria, che però in due mesi di lavori all’Ars ancora non è arrivato.
I sindacati sono in allarme. E mettono sul tappeto la loro disponibilità a trattare per evitare la paralisi. Tra le proposte l’introduzione di un sistema incentivante innovativo, che non penalizzando i lavoratori possa assicurare l’apertura continuativa dei siti sulla falsariga di quanto ha fatto a livello nazionale il ministro Dario Franceschini; l’utilizzo dei precari Asu (già a libro paga della Regione) per dare supporto ai custodi o ancora l’apertura alle sponsorizzazioni dei privati per incrementare le esigue risorse.
Sulla questione è intervenuto anche Toti Piscopo, direttore editoriale di Travelnostop.com che, intervistato dal Giornale di Sicilia, invoca l’apertura alla collaborazione con gli operatori privati a partire dalla commercializzazione e messa in rete dei biglietti per provare a risollevare le sorti del settore. “Si tratta di un autogol clamoroso – sostiene Piscopo – uno sfregio di immagine prima ancora che economico considerando che la Sicilia attualmente è fra le destinazioni prioritarie globali”.