“Occupazione del demanio marittimo” e scatta il blitz contro sei proprietari di pub e ristoranti del lungomare di Cefalù. A tutti viene contestata la violazione degli articoli 1161 e 54 del codice della navigazione che, per i comuni mortali vuol dire, “aver occupato senza autorizzazione un’area del demanio marittimo con tavoli, ombrelloni, fiorerie ed altre attrezzature, al fine di esercitarvi l’attività di ristorazione”. Indagini scattate, sembra, su esposti anonimi.
Letta così appare come una vittoria della giustizia sul malaffare, se la vicenda non avesse contorni kafkiani, in considerazione che i “…sei fuorilegge” l’autorizzazione l’avevano richiesta ma non era stata concessa loro, sembra, per una vertenza mai sufficientemente chiarata tra il Comune e l’Assessorato Territorio.
Peraltro, la cosiddetta occupazione abusiva sembrava riscuotere un alto livello di gradimento da parte dei turisti e dai residenti (fuorché gli autori degli esposti anonimi). Nulla di segreto, visto che la cosiddetta occupazione era sotto gli occhi di tutti, essendo da tutti percepita come arredo urbano di un lungomare da tutti frequentato ed intensamente vissuto.
Ovviamente non vogliamo giudicare il blitz effettuato dal commissariato di polizia di Cefalù che, supportato dal personale dell’Ufficio circondariale marittimo di Termini e dalla Guardia costiera cefaludese, ha correttamente operato in esecuzione del provvedimento del gip, su richiesta del pm.
Così come siamo certi che il Comune di Cefalù e l’Assessorato al Territorio daranno delle motivazioni giuridicamente ineccepibili ed altrettanto potranno fare la Soprintendenza ed il Genio civile e chissà quanti altri Enti, a torto o a ragione, coinvolti in richiesta di pareri.
E non escludiamo che questo blitz, dal nome suggestivo (free-waterfront), possa essere etichettato come empasse amministrativo che certo non aiuta l’immagine e l’economia di Cefalù, già sufficientemente compromessa da disfunzioni ed inadeguatezze varie.
Stupisce, e non poco, che di fronte a vere occupazioni di suolo pubblico effetto di abusivismo, abusi e degrado diffusi, ci si concentri su una imprenditoria privata che, nonostante le tante difficoltà, mette la propria faccia oltre che una regolare licenza. Non si discute sulla legittimità che poteva essere accertata tempestivamente per prevenire azioni più consone ed adeguate a chi il malaffare lo persegue per scelta e convinzione, ma sulla opportunità di offrire ai turisti uno spettacolo che sicuramente non contribuisce a migliorare l’immagine di Cefalù e della Sicilia.