La contrazione del turismo era già iniziata: oggi le conseguenze
06 Agosto 2025, 11:35
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la nota di Laura Lo Mascolo, CEO di Interlude ma anche PhD Candidate presso il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche dell’ Università di Palermo.
Negli ultimi mesi, in molti nel settore si interrogano sul calo evidente di prenotazioni e flussi turistici. Alcuni lo attribuiscono alla fine del “revenge travel”, altri all’instabilità economica internazionale. Ma la verità – e i dati lo dimostrano – è che la contrazione del turismo non è iniziata oggi. È iniziata almeno un anno fa, in modo silenzioso, ma progressivo. Nel 2023 si sono già registrati segnali chiari: una riduzione della permanenza media, un cambio di comportamento d’acquisto da parte del turista, e un aumento delle cancellazioni rispetto all’anno precedente. A differenza del biennio 2021–2022, dominato da una domanda eccezionale e discontinua (spinta da ristori, accumulo di risparmi e voglia di evasione post-pandemica), il 2023 ha mostrato i primi sintomi di un assestamento che oggi si manifesta con più forza.
Quello che osserviamo nel 2024–2025 è l’effetto ritardato ma inevitabile di una serie di variabili combinate:
- L’aumento generale dei costi, che ha inciso sul potere d’acquisto del turista medio
- La saturazione del mercato nel periodo post-Covid, che ha generato aspettative irreali
- Il ritorno della concorrenza internazionale, con mete esotiche ed extra-europee più accessibili
- Un calo fisiologico dell’entusiasmo e dell’urgenza a viaggiare
In questo scenario, a soffrire sono soprattutto le strutture indipendenti e medio-piccole, caratteristica dell’offerta turistica italiana e non solo, che non possono reggere la pressione della guerra dei prezzi né competere sulla visibilità digitale con le grandi catene. Serve una risposta consapevole e strutturata. Non possiamo inseguire la domanda abbassando il valore della nostra offerta. Al contrario, dobbiamo rilanciare sul piano dell’identità, dell’esperienza e del posizionamento. Chi prenota oggi cerca autenticità, coerenza, qualità. E cerca brand affidabili. È questo il momento in cui le strutture devono fare squadra, condividere strumenti, visibilità e strategie.
Non possiamo più permetterci di rincorrere il mercato. Dobbiamo anticiparlo.
Conoscere i segnali deboli, investire in intelligenza dei dati, ripensare le relazioni con i clienti.
La contrazione è in atto, ma può essere anche un momento di chiarezza: per capire dove vogliamo andare, con chi vogliamo lavorare e quale forma vogliamo dare alla nostra ospitalità. In parte era quello che dicevo durante la pandemia, dove invitavo colleghi e partner a riflettere sulla propria proposta di valore. E’ indubbio che il mercato è cambiato ed un’offerta sempre uguale a sé stessa non ha più senso di esistere. Concetti come flessibilità oggi diventano un must, ma non significano necessariamente prezzi più vantaggiosi o politiche di cancellazione diverse. La flessibilità significa riuscirsi ad adattare a ciò che il mercato veramente vuole da noi. In Sicilia sono decenni che parliamo di destagionalizzazione, ma poi offriamo solo mare. Da sempre parliamo di qualità, ma poi il servizio offerto non raggiunge gli standard internazionali. Parliamo di autenticità, ma stiamo progredendo verso la “disneyficazione” dei centri storici pensando che massa significa ricchezza.
E’ necessario un cambio di paradigma. Oggi l’ospite è più attento alla sostenibilità, che non è una semplice operazione di marketing ma un cambio strutturale. E’ attento agli standard qulitativi che significano personale qualificato che risponda con proattività. E’ attento al valore, che non necessariamente è il prezzo più basso.