Con 155 mln di viaggi all’estero i cinesi sono tra i più grandi viaggiatori del pianeta. E non basta. Il colosso asiatico è già pronto per tornare in pista e sia nel campo del turismo interno che in quello verso l’estero non sembra intenzionato a perdere ancora terreno,dopo l’arresto obbligato a causa dell’emergenza coronavirus. Dati, previsioni e spunti di riflessione hanno animato il confronto organizzato dallo Skal International Palermo nell’ambito degli appuntamenti dello SKALacademy a cui ha partecipato Giancarlo Dall’Ara, esperto di mercati turistici asiatici, in particolare Cina e Giappone.
“Il turismo cinese in Italia – ha esordito Dall’Ara – è cominciato solo nel 2004, per questo possiamo dire di essere solo all’inizio di un rapporto le cui prospettive fino a pochi mesi fa erano molto più che rosee, anche considerando che oggi la percentuale dei cinesi che ad oggi ha il passaporto è ferma al 10%. E poi ci sono da considerare anche i cinesi che non abitano nella cina continentale, e quindi Macao, Hong Kong e i “cinesi della diaspora”, ovvero circa 50 milioni di potenziali viaggiatori.
“Dopo l’emergenza covid-19, i cinesi hanno già cominciato a viaggiare – ha detto Dall’Ara -. Certo per la festa dei morti dal 4 al 6 aprile c’è stato un calo del 61% dei viaggiatori ma adesso si aspetta l’altro periodo di vacanza dell’1-5 maggio. In questo caso si potrà viaggiare non solo all’intermo delle province, ma anche nelle grandi città e quindi ci aspettiamo numeri più importanti. Del resto le prime immagini di Shanghai dove abbiamo visto gente nella metro o a passeggio sul Bund ci hanno rincuorato. Del resto – aggiunge Dall’Ara – gli attrattori territoriali come parchi tematici, come ad esempio la Grande Muraglia, sono state stabilite alcune regole: accessi limitati al 30%, prenotazioni obbligatorie, file distanziate, gate di accesso con qr code e ingressi solo per chi ha codice sanitario verde; screening temperature, termoscanner e mascherina obbligatoria. Però ci sono anche incentivi alle imprese e alla domanda. D’altro canto la Cina conta 39 mila agenzie di viaggi ma molte non sopravviveranno al post coronavirus. Già ora molti operatori cinesi hanno trasformato il loro business”.
Complessivamente sono 4mila gli operatori cinesi che lavorano con il turismo verso l’estero. Ma la maggior parte dei viaggiatori cinesi si autorganizza su trip.com soprattutto se vuole fare turismo interno, mentre per chi va all’estero il sistema intermediazione è importante. Ciò nonostante, si preferisce nel limite del possibile autorganizzarsi, si prenota voli e hotel per i primi giorni, poi fa il resto in loco. Se è un cinese che sta tornando in Italia fa tutto da solo, ed è nei confronti di questa tipologia di viaggiatore che le località meno note hanno più chance di attirare turisti.
“Ricordo – ha aggiunto Dall’Ara – che il 60% dei cinesi che verranno presto sono già stati in Italia e quindi cercheranno qualcosa di diverso, non si accontenteranno dei pacchetti di 10 anni fa. Come si vede guardando il portale trip.com, il turista cinese di oggi è un turista modulare che compra qualcosa di preconfezionato ma che si costruisce anche da se’ il viaggio.
Per il prossimo futuro – ha spiegato – vedo delle buone possibilità per il turismo cinese in Italia: avendo loro gran voglia di ripartire guarderanno cosa succederà in Italia e anche se le cose dovessero mettersi al meglio dovremo comunque aspettare un pochino per rialverli. Per una volta la domanda sarà più pronta dell’offerta. Riprenderemo comunque con crescite esponenziali importanti, a un ritmo che dipenderà dalle prossime scelte che verranno prese. Ad esempio, dovremmo evitare gli errori compiuti negli anni scorsi e ricordare che wechat è indispensabile per lavorare con i cinesi, e anche adesso non si può girare senza wechat perchè su wechat viene comunicata anche la presenza di contagiati covid nella zona in cui si sta andando. Utilissimo anche weibo sopruattutto per le destinazioni, non a caso viene utilizzato dagli influencer”.
Adesso il problema secondo gli operatori potrebbe essere dato dai collegamenti aerei e dalle difficoltà legate alla concessione dei visti.
“L’aeroporto di Roma – ha spiegato Antonio Percario – è il primo in Italia per numero di voli con la Cina, superando anche il Cdg di Parigi. Nel 2020 si attendevano un milione di viaggiatori cinesi trasportati su Fiumicino in crescita rispetto ai 700 mila del 2019. Ora cosa succederà?”
Chinasia ha invece manifestato la difficoltà dei cinesi nel venire in Italia per l’ottenimento dei visti. “Noi come TO negli ultimi mesi abbiamo dovuto affrontare un ulteriore complicazione per ottenere il visto per i cittadini italiani per l’obbligatorietà delle impronte digitali, anche se c’è comunque la possibilità di fare il visto online che però non offre tutte le garanzie”.