Prima un sibilo, poi un boato “pazzesco” e un altro botto, meno forte. In pochi secondi quella che doveva essere la domenica della ripartenza, i casi di Covid che diminuiscono e le misure che si allentano, si è trasformata in tragedia. La funivia del Mottarone, che dal versante piemontese del lago Maggiore sale fino ai 1.491 metri del monte che le dà il nome, è precipitata al suolo. Tredici persone sono morte sul colpo, tra cui un bimbo di due anni, mentre un altro di nove è morto all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, dove è ricoverato in prognosi riservata l’unico superstite, un piccolo di 5 anni. “Pensavamo all’estate e alla zona bianca. Siamo distrutti”, dice il governatore, Alberto Cirio, in lacrime.
La sindaca di Stresa, Marcella Severino, ha raggiunto la cima del Mottarone all’ora di pranzo, subito dopo l’allarme. “E’ stato devastante – osserva – vedere le persone sparse intorno alla cabina” accartocciata dopo un volo di una ventina di metri: la funivia si è schiantata al suolo e ha iniziato a rotolare verso valle, finendo la sua corsa contro alcuni alberi. L’incidente a pochi metri dell’arrivo, in corrispondenza dell’ultimo pilone.
Secondo una prima ricostruzione ad avere ceduto è stato il cavo di traino. “Gli altri sono intatti, ma è presto per dire quello che è accaduto dal punto di vista tecnico – afferma il tenente colonnello Giorgio Santacroce, comandante del Nucleo operativo dei carabinieri di Verbania – Bisognerà capire perché non sono scattati i dispositivi di sicurezza, che dovrebbero tenere la cabina ancorata”.
La tragedia ha colpito quattro famiglie, due residenti in Lombardia, una in Emilia-Romagna e una in Calabria. Una famiglia, residente a Pavia, era di origine israeliana. Tra le vittime anche un 23enne nato in Iran ma residente a Damiante, in Calabria.
Dopo la chiusura tra il 2014 e il 2016, quattro anni fa la funivia, di proprietà del Comune di Stresa, ma gestita da una società privata, era stata sottoposta a importanti interventi di riqualificazione.