giovedì, 28 Marzo 2024

Se la ripartenza del turismo siciliano resta soltanto uno spot

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione del presidente Fiavet Sicilia Giuseppe Ciminnisi.
Della parola “turismo” sono ormai in tanti, troppi, a riempirsi la bocca. E tutti ne invocano, almeno a parole, la ripartenza. Spiace constatare come l’assoluta incompetenza sul tema non rappresenti per nulla un ostacolo per chi voglia  conquistarsi una piccola fetta di visibilità attraverso dichiarazioni ad effetto. Il risultato è che nel rumore di fondo si perde il senso, la direzione verso cui si sta viaggiando. Al momento, comunque, evitare il baratro è l’obiettivo che non possiamo mancare. 
Per il settore del turismo le soluzioni messe in campo contemplano bonus, incentivi e fondi di vario genere, di cui ancora non si vede traccia. Le agenzie di viaggio in attesa di un ristoro economico, stanno cercando di riconquistarsi un proprio spazio per essere protagoniste, e non spettatrici, della ripartenza. 
Eppure gli ostacoli sono continui e la mancanza di una visione chiara ed organica su come debba funzionare il mondo del turismo nel nostro paese, su quali siano le figure che lo compongono ed i rispettivi compiti, è oggi ancor più evidente. Dalla confusione generata da una frammentarietà qualcuno si avvantaggia ma non credo alla lunga possa nascere nulla di buono; e questo vale per tutti gli attori in campo. 
Se vogliamo parlare del turismo siciliano, possiamo ben dire che era ed è rimasto quello dalle “interessanti prospettive per il futuro”. E quale futuro si può immaginare per il turismo di un’isola sempre più irraggiungibile?
È un fatto che le norme di cui agli artt. 198 e 203, contenute nel decreto Rilancio, seppur concepite in ottica di tutela dei lavoratori, potrebbero portare una riduzione considerevole, se non al completo abbandono, delle rotte operate dalle compagnie low cost, che hanno finora assicurato i collegamenti con il sud.
Dall’altra parte la presenza di Alitalia, con le sue politiche in altro senso spregiudicate (un carrozzone la cui gestione rimane tuttora opaca) è carente e limitata anche in ragione delle tariffe praticate. Di tutto questo a pagare lo scotto sono i siciliani ed il turismo siciliano.
Se in “medio stat virtus” non sarà allora difficile immaginare la necessità di una soluzione che possa intervenire equamente sulle low cost così come su Alitalia nell’ottica di coniugare i diritti dei lavoratori delle compagnie con le legittime esigenze di spostamento da e per l’isola. I continui interventi economici da parte dello Stato, l’ultimo di tre miliardi, per il salvataggio dell’ex compagnia di bandiera, senza che nulla cambi, suona oggi come una beffa sulla pelle degli italiani ed in particolare modo su quella dei siciliani. 

E quale futuro e ripartenza si può immaginare di fronte a disposizioni di cui non si comprende il senso ma che trovano giustificazione nelle esigenze di tutela salute pubblica? Mi riferisco in particolare alla norma stabilita con decreto dall’assessorato regionale siciliano dei Beni culturali che prevede ingressi contingentati per gruppi formati da un massimo di 12 persone nei parchi archeologici all’aperto. Una misura spropositata per dei luoghi dove è abbastanza agevole mantenere il distanziamento sociale. Una norma che penalizza fortemente i tour operator, costretti a modificare i piani delle visite su più siti o ad organizzarsi con guide aggiuntive con la conseguente necessità di adeguare le tariffe, senza contare il rischio della perdita delle prenotazioni.

Ecco, normare è necessario, e comprendo anche la difficoltà di farlo secondo criteri che contemperino le varie esigenze. Ma è uno sforzo più che mai indispensabile in questo momento, se davvero si vuole che questa ripartenza del turismo non rimanga soltanto uno spot pubblicitario”.

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