Nel breve periodo non ci saranno perforazioni per la ricerca di petrolio nel Canale di Sicilia, perché ci sono rigide norme sulla valutazione di impatto ambientale e serve l'autorizzazione degli enti locali interessati, con la Regione Sicilia che si è dichiarata contraria. La rassicurazione è arrivata dal sottosegretario allo Sviluppo Economico, Catia Polidori, che ha così risposto all'interpellanza dell'esponente del Pd siciliano, Angelo Capodicasa. Tirano dunque un sospiro di sollievo gli ambientalisti e gli operatori del turismo della zona.
"La notizia stampa dell'imminente esecuzione di perforazioni per ricerche di giacimenti petroliferi nel Canale di Sicilia, ad opera della Northern petroleum, è destituita di ogni fondamento – ha detto Polidori – inoltre la zona di mare comprendente il Canale di Sicilia è da sempre interessata da programmi di ricerca da parte di numerosi operatori. Tuttavia, da agosto 2010, sono entrate in vigore le rigorose misure restrittive particolarmente incisive sull'attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi nei mari italiani, che hanno introdotto il divieto assoluto di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi all'interno delle aree marine e costiere protette e per una fascia di mare di 12 miglia attorno al perimetro esterno delle zone di mare e di costa protette".
Ma una nuova minaccia, oltre alla provvisorietà dello stop per i mandati esplorativi, incombe su ambientalisti e operatori turistici delle province di Ragusa, Siracusa ed Agrigento. Il governo maltese, infatti, ha autorizzato, lo scorso 1 giugno, la compagnia petrolifera italiana Mediterranean Oil & Gas a prolungare il periodo relativo alle esplorazioni per i prossimi 18 mesi nelle proprie acque territoriali. In realtà, però, la zona si trova a 22 miglia circa dalla costa iblea.