Il turismo è ripartito. Secondo le stime di Assoturismo, il 2023 dovrebbe chiudersi – a meno di criticità non prevedibili – verso quota 420 milioni di presenze turistiche. Si chiude sostanzialmente, dunque, il gap di presenze e di produzione rispetto al 2019 e quest’anno il valore aggiunto del settore turistico, includendo tutte le produzioni dirette ed indirette, peserà per il 5,7% del Pil annuale. Sulla via della completa ripresa, però, rimane l’ostacolo della carenza dei lavoratori: solo per questa estate si stima la mancanza di 100mila addetti. A stimarlo è Assoturismo, in occasione dell’audizione sul Piano Strategico per il turismo, cui hanno partecipato tutte le federazioni di categoria del settore di Confesercenti: oltre ad Assoturismo, Assohotel, Assoviaggi, Fiepet, Fiast, Federagit, Fiba, Assocamping e Aigo.
“L’avere messo finalmente a punto un piano strategico per il turismo è un segnale positivo. Il settore viaggia al doppio della velocità degli altri comparti ed è tempo che si scommetta ed investa su di esso. Il problema della carenza di personale però è sempre più stringente, e rischia di ridurre l’impatto positivo della ripresa, per le imprese dei vari comparti – dalla ricettività alla ristorazione, passando per il turismo organizzato e i servizi turistici – e per l’economia del Paese”, commenta Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo e di Assohotel Confesercenti.
“Per risolverlo -aggiunge – bisogna garantire maggiore flessibilità contrattuale e rafforzare le politiche attive e per la formazione. Per gli stagionali del turismo, però, servirebbe un decreto ad hoc, con misure come il credito d’imposta alle imprese per sostenere vitto e alloggio degli stagionali e favorire così la mobilità interregionale. Servono anche un ripensamento delle politiche attive – non si può lasciare l’incontro tra domanda e offerta al passaparola – e della formazione. Da rivedere anche inoltre, i Decreti Flussi: le quote non sono sufficienti, ed i click day arrivano sempre fuori tempo massimo, a stagione già iniziata. Su questo fronte, dovremmo provare anche altre strade: facilitiamo la formazione dei lavoratori nei paesi di origine, consentendo l’ingresso dei soggetti già formati fuori dalle quote stabilite. Su questo sarebbe opportuno aprire un confronto tra Ministero del Lavoro, Ministero del Turismo e associazioni di categoria”.